C'era da aspettarselo. È ormai nella logica della produzione cinematografica che una storia di successo chiami una pellicola ad essa strettamente legata. Per tanti anni è stata la moda dei sequel. Esaurito o quasi il filone ecco arrivare la geniale idea del prequel ovvero una storiona che narra nei dettagli tutti gli antefatti di eroi e situazioni che ci hanno convinto sul grande schermo.
Prendete ora «Il Signore degli anelli». Una trilogia cinematografica, firmata da Peter Jackson, che ha arricchito di un capitolo tutto per sé la storia del cinema. Un simile successo poteva benissimo stuzzicare la fantasia dei produttori in cerca di successo (economico). Nel caso del celebre romanzo fantasy di Tolkien, però non c'è nemmeno bisogno di sfruttare al massimo la creatività degli sceneggiatori visto che il prequel lo ha scritto lo stesso scrittore e accademico inglese.
Ed ecco quindi l'annuncio che «The Hobbit» arriverà presto sul grande schermo. Ovviamente il battage pubblicitario non punta esclusivamente sul fascino di Tolkien e sulla comoda eredità di Jackson. Nel cinema la corsa ad effetti sempre più mirabolanti e coinvolgenti non conosce soste. «The Hobbit», (diviso in due parti) non sarà girato in 3D come «Avatar», «Alice» e «Scontro di Titani», ma addirittura in 4D. Il suo regista, Guillermo Del Toro, lo ha annunciato in questi giorni: il ritardo nell'inizio riprese di «The Hobbit» che sembra ora fissato per giugno, ha detto, non è imputabile alle difficoltà finanziarie in cui si sta dibattendo la Mgm che lo coproduce ma, al contrario, «serve a darmi il tempo necessario per preparare in maniera appropriata la lavorazione con la tecnica 4D. «"Avatar" è stato un film rivoluzionario sotto vari profili - spiega Del Toro sul webmagazine Total Film - ma ora tutti lo stanno copiando. Quando uscirà "The Hobbit" il 3D sarà già vecchio, la gente si sarà già stancata». Ma in che cosa consiste questa tecnica che, andando oltre la tridimensionalità, dovrebbe infondere nuova linfa vitale al prequel del «Signore degli anelli»? In realtà del 4D si è cominciato a parlare già negli anni 50, ma ora negli studi della Weta, dove Peter Jackson ha realizzato la trilogia del «Signore degli anelli», «King Kong» e più recentemente gli effetti speciali di «Amabili resti», ne stanno mettendo a punto una versione nuova di zecca che tenta di combinare i più sofisticati effetti visivi digitali del 3D (quelli di «Avatar») con «stimoli ambientali» che coinvolgono il tatto, l'olfatto, il movimento, in modo da fornire allo spettatore un'esperienza cinematografica totalizzante, una full immersion sensoriale. Del Toro è un fanatico della Weta, l'equivalente neozelandese della californiana Industrial Light end Magic di George Lucas, dove si stanno preparando anche tre film dal fumetto Tintin, ma è anche famoso per la sua abilità con la macchina da presa e la sua passione per gli effetti speciali. Dunque non sorprende che voglia usare «The Hobbit» per varcare nuove frontiere della tecnica cinematografica. Uno dei suoi idoli del passato è il regista William Castle, morto nel 1977, che in film come «La casa dei fantasmi» o «Il mostro di sangue» (entrambi del 1959) aveva usato effetti speciali sensoriali tipo piccole scosse elettriche o bagliori improvvisi sopra le teste del pubblico. La stessa idea è stata recentemente usata nell'attrazione degli Universal Studios ispirata a «Shrek» (Shrek 4D) dove i sedili si muovono e viene spruzzata dell'acqua sugli spettatori.
Dunque cosa possiamo aspettarci dal 4D versione Del Toro? «Niente di banale tipo "strappa e annusa" - dice il regista - ma piuttosto odori tremendi sprigionati dai sedili quando la Compagnia dell'anello incontra i vagabondi delle montagne, oppure poltrone che si surriscaldano quando Bilbo entra nella camera di Smaug, o ghiaccio secco e spruzzi d'acqua per le scene nella grotta, quando Gollum parla per enigmi all'hobbit. Insomma, ci eccita molto vedere fino a che punto possiamo arrivare con questa idea. E questo è il momento giusto per fare un ulteriore passo avanti nell'evoluzione del cinema».
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