Sarkozy inguaia l’Italia e diventa un idolo

Champagne, huitres e foie gras. È il modo migliore, quello della beneamata ancorché patetica sinistra di casa nostra, per metabolizzare «alla francese» tre bocconi indigesti: libertè, fraternitè, egalitè. Il modo migliore per fregarsene dei rivoluzionari principi che dai veri rivoluzionari andrebbero sbandierati, e chiudere la porta in faccia ai migranti in fuga dal Nord Africa. Che poi è chiudere la porta in faccia ai propri ideali. Ma se la posta in gioco è la pelle di Silvio Berlusconi vale tutto.
E anche i principi e gli ideali di sinistra valgono un bel chissenefrega. Les italiens dal cuore tenero vorrebbero che l’emergenza clandestini non fosse solo un problema italiano? Dovrebbe essere un punto fermo. Invece l’atteggiamento di Repubblica, Manifesto, Unità e Corsera è stato in più d’una circostanza ben diverso: sbertucciati les italiens dal cuore tenero e con loro sbertucciati i loro ministri e il loro primo ministro, Silvio Berlusconi. E così la morale del triste spettacolo, cui stiamo assistendo da giorni, è una sola: viva quell’uomo duro e puro di Sarkozy (che i principi del 1789 sembra averli buttati giù con una flute) e abbasso, ancora, Berlusconi, messo all’angolo da una situazione surreale voluta da una surreale, o meglio, inesistente, Europa.
Vediamo di ripassare alcuni dei titoli e degli articoli più significativi. «Il pugno di ferro di Sarkozy» è stato un gran bel titolo di prima pagina di Repubblica che ha affidato a Bernard Guetta, il santino di Sarkozy: «L’uomo che ha visto giusto» per dirla con Guetta. Poi, per ribadire il concetto lo stesso foglio, con la benedizione di Scalfari, ha regalato un encomio solenne ai nostri vicini plaudendo al loro ritorno sulle scene: «Un ritorno in grande stile che onora la Francia, ed è grazie a lei che Bengasi è stata salvata». E noi? Guai a noi se ci arrabbiamo per l’intransigenza dei francesi perché l’ex vicedirettore del Corsera, Pierluigi Battista ci bacchetta osservando che «rifiorisce un poderoso sentimento antifrancese, come se ci fossimo cacciati in questo guaio per colpa del decisionismo spavaldo del vero grande nemico: che non è Gheddafi ma Nicolas Sarkozy». Sicuro di come andrà a finire (per Berlusconi?) si è sempre dimostrato, e meno male, il direttore di Europa Stefano Menichini per esempio quando ha scritto che è «l’irresponsabile politica del governo che ci ha portati in un vicolo cieco». Che poi sono state le stesse parole del vicepresidente Pd Marina Sereni secondo cui solo e per colpa del nostro premier «fatichiamo ad avere un ruolo centrale in questa vicenda e a contenere anche un eccesso di entusiasmo dei nostri amici francesi». Entusiasmo? Mah.
Strano Paese il nostro, in cui i primi parlar male di noi stessi siamo noi stessi. Ma strano Paese quello in cui, ed è sempre il nostro Paese, gli stessi autorevoli giornali e giornalisti di cui sopra sono bravissimi a fare inversioni a «u» sulla strada della coerenza. Ricordate quando lo stesso Super Sarkò di oggi decise: via i rom e no al burka? La sinistra italiana mise da parte per un attimo il caviale è si scagliò con tutte le sue forze contro il reprobo dell’Eliseo. Repubblica mise insieme un’interessante intervista di Stefano Montefiori, a Jean-Marie Colombani, ex direttore di Le Monde: «Troppo potere a un solo uomo» e un altro bel titolone: «L’Ue attacca Parigi sui Rom: “Le espulsioni sono vergognose”». Il Manifesto affidò il commento sulle «novità» in Francia alla penna di Luigi De Magistris che sotto il titolo «Disastro Sarkozy» ne approfittò comunque per ammonire l’Italia e Maroni che «nella sua foga xenofoba ha immediatamente emulato Sarkozy mettendo all’ordine del giorno l’espulsione dei cittadini comunitari senza reddito e fissa dimora». Per poi bocciare tutti accomunando Sarkozy, Maroni e Berlusconi che «devono comprendere - loro malgrado - che l’Europa non è solo quella dei mercati o dei mercanti (anche di esseri umani), ma quella dell’uguaglianza delle persone». Fantastico no? Chissà se riscriverebbe le stesse cose oggi alla luce di quanto è accaduto e sta accadendo. E se la pace tra Francia e Italia sembra essere finalmente, o quasi, scoppiata poco importa. La nostra immarcescibile gauche caviar si deve continuare a divertire. Con il gioco che la diverte di più: quel gioco al massacro che deve finire sempre con le bastonate il Cavaliere.

Così anche quando il Cavaliere torna dalla Tunisia soddisfatto per essere riuscito a far ragionare il locale nuovo governo sul problema dell’esodo massiccio Repubblica sintetizza con un titolo che gronda malafede: «Tunisi dice no a Berlusconi». Vuoi vedere che allora ha detto sì a Sarkozy?

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