Lo scandalo della Serravalle Ora il Pd trema per la super tangente

Svolta nell’inchiesta su Penati: per i pm ha intascato 1,4 milioni di euro per la campagna elettorale

Milano - Scena già vista: c’è sem­pre il pollo che si fa trovare il libro mastro o il file di Excel con i conti delle tangenti. Ma stavolta cam­bia tutto: perché a farsi beccare con la contabilità della mazzetta è l’«esattore delle tangenti» di Fi­lippo Penati, l’uomo più impor­tante dei Ds in Lombardia, sinda­co di Sesto, poi presidente della Provincia, poi capo della segrete­ria politica di Bersani.

E ora imba­razzante testimonial della via de­mocratica alla tangente: una stec­ca da un milione e quattrocento­mila euro, calcolano i pm.L’inda­gine su Penati sembrava a un pun­to morto, forse lui pensava di po­tersi persino salvare. Invece ieri mattina arriva la nuova esplosio­ne. E fa capire che forse l’inchie­sta non è alla fine, ma solo all’ini­zio. Scatta una ondata di perquisi­zioni, e ruotano tutte intorno al grande business dell’autostrada Milano-Serravalle, quella che Pe­nati volle a tutti i costi e ostinata­mente conquistare a spese dei cit­tadini (e adesso si comincia a ca­pire il perché). Finisce nei guai uno dei fedelissimi di Penati: Massimo Di Marco, già ammini­­stratore della Serravalle, tuttora presidente della Tangenziale Esterna Milano, la nuova arteria che dovrebbe sorgere a oriente della metropoli.

Nelle carte emer­go­no i nomi dei grandi e piccoli fi­nanziatori del «sistema Penati». Compreso Matteo Cabassi, ere­de di uno dei più colossali patri­moni immobiliari d’Italia, che gli uomini di Penati avrebbero aiuta­to a rifilare alla Serravalle un pa­lazzo invenduto della sua Milano­fiori, cubi tutti uguali di vetro e ce­m­ento all’imbocco dell’autostra­da. È una svolta decisiva. Finora, nelle carte dell’inchiesta della Procura di Monza sulle tangenti rosse a Sesto San Giovanni,a cari­co dell’uomo forte del Pd c’erano - oltre alle vicende sull’orlo della prescrizione legate all’area Falck - soprattutto le accuse di Piero Di Caterina, imprenditore non pro­prio cristallino: che raccontava di avere fatto da esattore per con­to di Penati della stecca versata dall’imprenditore Bruno Bina­sco, del gruppo Gavio, per ringra­ziare Penati di avergli comprato a un prezzo fantasmagorico le azio­ni della Serravalle. Un milione e quattrocentomila euro di tangen­te estero su estero. Ma dai decreti di perquisizione che i finanzieri del Nucleo di poli­zia tributaria di Milano eseguono ieri mattina si scoprono due co­se.

La prima: per la Procura, il ve­ro esattore di Penati, quello che rimpiazza e surclassa Di Cateri­na, è il super architetto Renato Sarno: «uomo di fiducia e colletto­re di tangenti del presidente pro tempore della provincia di Mila­no Filippo Penati», lo definisco­no senza mezzi termini i pm. È Sarno a incassare e smistare maz­­zette, compresi i centomila euro consegnati al portavoce di Pena­ti, Franco Maggi, e alla segretaria particolare del leader, l’allegra e opulenta Claudia Cugoli: entram­bi finiscono indagati per ricetta­zione.

Si scopre anche che sulla tan­gente pagata dal gruppo Gavio a Penati per l’affare Serravalle, la Procura ha cercato e trovato ri­scontri: e non a caso nel registro degli indagati finisce, accusato di concorso in corruzione, l’uomo che all’epoca in cui la stecca ven­ne pagata estero su estero dirige­va la San Paolo Suisse Bank, e adesso lavora per conto dei Ga­vio: si chiama Matteo Rocco e per la Procura è verosimile che «in ta­l­e ruolo abbia gestito la movimen­tazione “riservata” all'estero dei fondi profitto della vendita di azioni della Milano Serravalle». Ma si scopre soprattutto che i mano a Penati e ai suoi uomini, sempre se la ricostruzione della Procura monzese è esatta, la Ser­ravalle era diventata una macchi­na da spremere. Un capo di impu­tazione per Di Marco, Sarno e Pe­nati riguarda la tangente che un costruttore, tale Vittadello, avreb­be pagato per chiudere un con­tenzioso con l’autostrada.

Un al­tro riguarda la costruzione della terza corsia dell’autostrada. Un altro i lavori di «mitigazione acu­stica ». Un altro ancora riguarda le tangenti che un geometra di Pa­rabiago, Pier Franco Pirovano avrebbe pagato «per un accordo di programma ancora in via di in­dividuazione »: la contropartita ancora non si sa, ma si sa che la dit­ta di Pirovano, la Chiara Edifica­trice, «risulta aver finanziato Pe­nati tramite sponsorizzazioni o versamenti ai comitati elettora­li ». E poi c’è l’affare Cabassi.

Che coinvolge il presidente dell’Eni, Paolo Colombo, che era anche presidente di una società dei Ca­bassi, “Sintesi”: «e in tale qualità è stato destinatario di una infor­mazione riservata concernete la ricerca

dell’immobile per la nuo­va sede sociale di Milano Serra­valle, informazione da trasmette­re al dottor Cabassi». I Cabassi si sarebbero sdebitati per la dritta con un incarico professionale affi­dato a Sarno: l’esattore di Penati.

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