Lei lo chiama «progetto», solo che a 29 anni non c’è più molto tempo da perdere, ecco perché Francesca Schiavone ha vinto il suo secondo trofeo della carriera. La Leonessa in fondo è fatta così: un soprannome che non le piace, un rapporto con i giornalisti quantomeno complicato, un amore per il tennis sconfinato - soprattutto quando si gioca per la maglia azzurra - e una carriera che fino a ieri contava un solo successo su undici finali disputate.
E non è che Bad Gastein (2007) fosse il centro del circuito.
Mosca invece è un’altra cosa e non solo per quel milione di dollari di montepremi che ne certifica l’asperità: Mosca è la consacrazione di Francesca, arrivata contro un’avversaria - la bielorussa Olga Govortsova - che nel primo match del 2009 l’aveva battuta e che invece questa volta se n’è uscita dal campo con un 6-3, 6-0 che pesava nella sacca. E tra parentesi quello di ieri è il quarto successo del tennis femminile quest’anno su dieci finali disputate: i maschietti prendano nota.
Insomma, questo era il «progetto» di Francesca: rimettere insieme la sua carriera stando un po’ da sola, senza coach. Com’è accaduto quest’anno a Wimbledon, quando è arrivata fino ai quarti di finale, come sempre contro: avversari e pronostici. E poi c’è da spendere la parte finale pensando anche po’ a se stessa, perché finora Francesca Schiavone è stata spesso sinonimo di Fed Cup, la Davis con la gonnella. Lì lei ha sempre dato il meglio, decisiva nella vittoria del 2006, determinate nella finale raggiunta nel 2007, primadonna nell’edizione di quest’anno che il 7-8 novembre a Reggio Calabria vedrà la tenzone finale contro gli Usa delle madamigelle Williams: «E mi auguro proprio che vengano tutte e due - ha detto in una recente intervista al mensile Matchpoint - perché così sarà più bello vincere con loro in campo. In caso contrario già le sento le voci: “Avete vinto perché non c’erano le Williams”». Leonessa, no?
Arriverà allora anche il giorno in cui Francesca Schiavone si dovrà arrendere al suo soprannome, anche se in campo è capace di arrendersi solo a se stessa, quando emozioni e palline non tirano dalla stessa parte. Non è un caso forse che le è mancato sempre quell’ultimo salto che invece ha permesso alla sua amica Flavia Pennetta di sfondare il muro della Top Ten, perché quando Francesca ci ha provato si è fermata al numero 11. Le è mancato il lampo, almeno fino a ieri, perché c’erano troppe cose nella sua testa, giorni felici ma anche momenti di paura, un’altalena costante e impegnativa, troppo per chi lotta a volte anche contro i fantasmi. Adesso però forse tutto è cambiato, il progetto sta dando risultati, «oggi sono una donna felice, che non pensa di arrivare tra le prime dieci del mondo, ma di dare tutta me stessa.
I numeri interessano soltanto a voi, l’obiettivo è un altro: allenarmi in serenità, affrontare ogni match sapendo che posso migliorarmi, uscire dal campo felice per quello che ho fatto». È quello che è successo a Mosca. E Francesca ci scuserà se abbiamo rivisto una Leonessa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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