Marcello Foa
nostro inviato a Norimberga
Improvvisamente la Turchia irrompe nella campagna elettorale tedesca. Finora era rimasta sullo sfondo, quasi dimenticata in un confronto incentrato quasi esclusivamente sui temi economici. Ma siamo ormai a quattro giorni dalle elezioni e i sondaggi continuano a dare la coalizione di centro-destra e l'insieme dei partiti di sinistra in parità assolutà: entrambi al 48%. E un'analisi pubblicata dal quotidiano Die Welt esaminando i dati in ogni circoscrizione dimostra che saranno due o tre seggi a dare o togliere la maggioranza al fronte guidato da Angela Merkel (Cdu-Csu più i liberali della Fdp).
In questo contesto ogni singolo voto diventa fondamentale. Da qui il colpo di ingegno del cancelliere Schröder, o meglio dei suoi consiglieri, che hanno fatto due conti, partendo da un dato di fatto: in Germania abitano due milioni e mezzo di turchi. Di questi parecchi sono diventati cittadini tedeschi, dunque elettori. Poi, quei consiglieri, si sono ricordati delle elezioni di tre anni fa, quando la sorprendente vittoria del leader socialdemocratico venne salutata con toni trionfalistici dal più grande quotidiano turco Hürriyet che titolò: «Il Cancelliere di Kreuzberg», ovvero del quartiere di Berlino abitato prevalentemente da turchi. Come dire: è uno dei nostri. E infatti i turchi naturalizzati tedeschi, che allora erano solo poco più di 500 mila, premiarono i rosso-verdi con il 77% delle preferenze. Infine, quei consiglieri hanno tirato le somme: oggi i turco-tedeschi sono diventati oltre 600 mila, 100 mila in più, perché molti ragazzi sono diventati maggiorenni. E i sondaggi indicano che, tra di loro, le simpatie per l'Spd e per i verdi sono addirittura aumentate all'86%. Unica incognita: l'affluenza alle urne. Occorre indurre questa minoranza a recarsi alle urne. Come? Idea: con una bella intervista proprio a Hürriyet, che ha un'edizione europea, in cui Schröder afferma che «solo l'Spd garantirà l'adesione di Ankara alla Ue, il centrodestra la impedirà». Parole d'oro per i turchi. Alle quali ieri si è imprevedibilmente contrapposto lex cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt, che si è detto «della stessa opinione della signora Merkel: «sì alla cooperazione economica, all'unione doganale, all'area di libero scambio, ma no alla libertà di movimento per i lavoratori turchi»
Ma Schröder ha fatto i conti anche senza la Bild Zeitung, il quotidiano popolare tedesco, che ieri mattina ha ripreso la sua intervista, titolando a tutta pagina: «I turchi decideranno le elezioni?» e mostrando una foto del Cancelliere sotto una gigantesca bandiera rossa con la mezzaluna e la stella bianche. Contemporaneamente, forse non a caso, l'Associazione dei datori di lavoro ha dichiarato di essere fermamente contraria all'ammissione della Turchia nell'Ue, allineandosi alla posizione degli industriali, formulata pochi giorni fa, e che, come dimostrano i sondaggi, è condivisa dalla grande maggioranza degli elettori tedeschi.
Così, ieri, nei bar, per le strade, nei comizi politici quello della Turchia è tornato ad essere improvvisamente un argomento importante, come d'altronde lo è stato in Olanda e in Francia la scorsa primavera in occasione del referendum sulla Costituzione europea. Un tema che se ne porta appresso altri, stranamente dimenticati dal centrodestra tedesco: il rapporto con l'Islam; la lotta al terrorismo fondamentalista, che in passato qui ha fatto proseliti illustri: il capo del commando degli attentati dell'11 settembre, Mohammed Atta, studiava ad Amburgo. E ancora: i sussidi di cui beneficiano gli immigrati turchi e, al contempo, la loro scarsa propensione all'integrazione: la maggior parte di loro continua a vivere in comunità chiuse, come quella di Kreuzberg, e alcuni immigrati non parlano la lingua di Goethe nemmeno dopo anni di permanenza in Germania.
Ieri Schröder si è reso conto di aver osato troppo e ha cercato di limitare i danni lanciando un appello contro lo scontro di civiltà.
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