SCIARRINO incanta con il flauto Poesia in memoria di un angelo

Chissà, forse la scelta di uno strumento umile e antico come il flauto dolce, «un filo d'erba contro le forze della natura», viene a Salvatore Sciarrino, palermitano, proprio dalla sua sicilianità.
Suggerito dalla suggestione di un qualche dio Pan intento a vagare con la sua siringa per gli scoscesi pendii della necropoli di Pantalica, e consolare con la voluttà malinconica delle sue melodie le anime dei remoti, o dei contadini di ieri che si dicono impiccati agli alberi per via del senso di straniamento del luogo.
Sta di fatto che Quattro Adagi novità (Rai Trade), commissionata per la stagione in corso dalla Filarmonica della Scala, è una sequenza di quattro adagi per orchestra e flauto dolce.
Dolce perché canta, adagi perché lirici, quattro come la ripetizione variata di uno stesso quadro. L'interessato cita Bacon. Non nascondiamo come dopo i tanti tormentosi tumulti della musica d'oggi le idee di Sciarrino attraggono con una promessa di poesia. Nel concerto di domani, alla Scala, il pezzo è incastonato tra il concerto per violino di Berg, quello titolato Alla memoria di un Angelo e scritto nel 1935 in morte di Manon Gropius, figlia adolescente di Alma Mahler e Walther Gropius, e la VII di Beethoven.
Il solista di Sciarrino è Jeremias Schwarzer, un esperto di antico e di contemporaneo. Quello di Berg il greco Leonidas Kavakos, suono pastoso e attitudine interiore. Suo il premio Abbiati della critica che gli verrà consegnato oggi pomeriggio al Donizetti di Bergamo. Sul podio un nome che suscita grande interesse: quello di Daniel Harding.
Poco più di trent'anni e carriera folgorante (nel '96 era già ad Aix accanto a Abbado per il Don Giovanni di Peter Brook), Daniel conta tra le sue medaglie anche l'apertura della stagione scaligera del 2005-2006, con l'Idomeneo di Mozart. L'appuntamento che ha fatto discutere di più. Anche perché il giovane inglese sostituiva Muti appena uscito di scena prendendo il suo posto la sera di Sant'Ambrogio e in più con un autore, appunto Mozart, considerato assieme a Verdi il cuore del repertorio operistico del maestro napoletano.
Ma lo stesso che, dopo un'avvincente Salome, in questi giorni, con il dittico Il Prigioniero e Il Castello del Principe Barbablù, sta conquistando pubblico e addetti per la progressiva maturazione della sua arte. E che in particolare ci ha sedotti per la filigrana consegnata a molti momenti (i ricercari) di Dallapiccola e la lucidità stringata e intelligente prestata alla valenza simbolica della partitura di Bartók.
Lucidità, oggettività, velocità, precisione, «affetti» criptati e consapevolezza di sé sono i caratteri del pallido e minuto Amleto ormai solidamente attestato nel firmamento degli happy few.

Dove non regge neppure quel paragone con il nevrotico e irriverente Mozart pensato da Milos Forman per il suo Amadeus che c'era venuto a causa di imprevedibili impennate e di altrettanto repentini abbandoni fanciulleschi. Altri tempi.
Salvatore Sciarrino
Daniel Harding sul podio
Teatro alla Scala
lunedì 26 maggio

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