La scommessa anti-anoressia delle morbide ragazze di Mirò

La moda si adatta alle curve: donne formose in abiti aderenti

da Milano

«Grasso è bello, me ne mandi due da un quintale». L’ha scritto Altan in una delle sue cattivissime vignette, ma lo pensavano molti dei presenti al taglio del nastro di Milano Moda Donna eseguito ieri da Giovanna Melandri. La prima sfilata in calendario era infatti Elena Mirò, storico marchio delle taglie morbide - dalla 44 in su - che da due anni ha il coraggio di portare in passerella donne tonde come non mai, l’esatto contrario delle modelle-stampella tanto amate dagli stilisti. «Le nostre ragazze pesano in media 75 chili» ha detto Mauro Davico, responsabile della comunicazione del Gruppo Miroglio che produce la linea fatturando 168 milioni di euro all’anno, una fetta importante del colossale giro d’affari dell’azienda: oltre un miliardo di euro annuali.
Del resto il 40% delle italiane supera allegramente le tanto ambite taglie snelle, ma stavolta lo spettacolo delle cosiddette «curve à porter» non era all’altezza della situazione: un eccesso di styling modaiolo rendeva quasi caricaturali certe uscite. In poche parole una bella ragazzona come l’americana Leah Kelly che ha 19 anni e dice d’indossare la taglia 48, ma se entra nella 52 è un miracolo, non dovrebbe sfoggiare minigonne a pieghe e tantomeno leggings di grossa maglia per il semplice motivo che a lei stanno male. Le stava invece benissimo il delizioso tubino corallo tagliato per nascondere la pancetta ed esaltare il décolleté senza per altro mortificare quel suo danzante sederone. Lo stesso si può dire del bel caban in lana cammello o corallo, anche se l’accostamento con capi destinati a ragazze filiformi rendeva l’immagine difficile da digerire. «In effetti questa volta abbiamo osato più del solito - ha ammesso Davico -. D’altro canto se non butti il cuore oltre l’ostacolo non ottieni niente». La Melandri si è detta invece entusiasta anche perché la sua presenza alle sfilate milanesi dipende dal famoso manifesto contro l’anoressia lanciato nel mondo da Camera nazionale della moda e da AltaRoma con risultati molto più interessanti della polemica promossa a suo tempo da Zapatero. «La moda non ha colpe né soluzioni per questi gravi disturbi che dall’anima passano al corpo, ma è una grande agenzia di modelli estetici e culturali per cui è importante che abbia risposto così prontamente all’appello» ha detto il ministro dirigendosi poi alla sfilata dei giovani stilisti vincitori del concorso Next Generation promosso da Cnmi.
Qui per una volta non si sono visti i classici abiti fatti in qualche modo, importabili e senza capo né coda: il classico ciarpame delle sfilate degli aspiranti Armani.

C’era invece un onesto lavoro stilistico e qualche punta di vera creatività (la più brava è sembrata Maria Elena Pino coi bei modelli in jeans reinventato) che faceva ben sperare nel futuro del made in Italy. Certo la strada è lunga. E il ministro Melandri non sembra aver capito quanto, nella sua ansia di parlare di tutto fuorché della moda come impresa da tutelare.

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