MadridIl presidente venezuelano Hugo Chávez affronta le sue peculiari elezioni di «mid-term». Secondo il capo di stato infatti la prima parte della sua «revolución perpetua» durerà un ventennio e le elezioni che si celebrano oggi per eleggere i 165 membri dellAssemblea nazionale arrivano proprio dopo 11 anni di potere, in un momento chiave per il leader, quando i sondaggi lo danno in calo e le presidenziali del 2012 bussano alla porta.
«C'è odore di 2012, quando si eleggerà di nuovo il presidente e, se Dio vuole, io sono pronto di nuovo alla sfida», ha ammesso lo stesso Chávez pochi giorni fa. Ma per arrivare con forza allappuntamento il leader dovrà poter contare con un parlamento ai suoi ordini, come è stato fino a oggi, o almeno a maggioranza «chavista», e il successo non appare scontato.
Lopposizione ha infatti imparato dal suicidio politico del 2005, quando i partiti ritirarono per protesta le loro candidature, regalando lAssemblea agli uomini del presidente (è stata definita la «gabbia delle foche»), nonostante lastensione alle urne toccasse il 75%. Consapevoli dellerrore, che ha lasciato per cinque anni Chávez senza controllo politico, ora leterogeneo gruppo composto da 16 grandi partiti, e 80 gruppi regionali ha deciso di presentarsi unito sotto lunico simbolo del Tavolo dellUnità Democratica (Mud) e punta a mobilitare ad ogni costo lo scontento dei cittadini.
Usando i mezzi di comunicazione simpatizzanti - visto che la televisione pubblica dedica il 90% delle trasmissioni al tele-leader Hugo -, gli oppositori hanno denunciato la corruzione e il clientelismo del governo e dellapparato statale, le costanti minacce alla libertà di stampa e la cattiva amministrazione in generale. I sondaggi indicano che lelettorato potrebbe essere spaccato in due, con una lieve maggioranza (52%) di cittadini favorevoli al governo Chávez e un restante 48% che voterà in altro modo. I leader del Mud sembrano essere cauti e assicurano che puntano a raggiungere almeno un terzo dei parlamentari, il che gli consentirebbe di iniziare a esercitare un controllo sul governo, bisognoso dei due terzi della camera per approvare le leggi organiche.
I sondaggi indicano anche che a decidere le elezioni sarà un 37% di indecisi, che le campagne elettorali dei due schieramenti hanno provato a convincere. Parte della battaglia si è liberata nelle estese baraccopoli dove i partiti si sono presentati con ogni tipo di doni e promesse. Un oppositore ha raccontato a El País che un politico chavista ha promesso una casa di muratura a una donna in una bidonville, e per convincerla della serietà della sua proposta le ha portato una finestra nuova, che un giorno dovrebbe far parte della nuova abitazione. Ma anche lopposizione si è fatta vedere in baraccopoli come Petare, ai margini di Caracas, regalando piscine gonfiabili azzurre, il colore dei partiti che sfidano la marea rossa di Hugo. Loppositrice Mary Ponte afferma che questo è un merito di Chávez, che è riuscito fare vedere limportanza delle politiche sociali anche agli oppositori.
La battaglia elettorale del presidente è andata tutta a riattivare i suoi elettori. Dopo 11 anni di potere di Chávez, il popolo bolivariano è sempre più cosciente che molto spesso le infinite promesse del presidente non si trasformano in realtà. Nonostante sia il quinto produttore di petrolio al mondo il Venezuela soffre black out temporanei quotidianamente; la recessione economica ha fatto cadere il Pil del 3,5% e l'inflazione degli ultimi mesi si aggira attorno al 30%: «Questo paese devessere l'unico dove compri un computer e dopo un mese vale di più di quello che l'hai pagato», ironizza Gregorio, che ha imparato a sdrammatizzare sui paradossi delleconomia «rivoluzionaria».
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