Lo scoop è anche nelle buone notizie: ecco quelle che nessuno ha raccontato

Su Internet e in edicola crescono le testate specializzate in news positive

Nino Materi

«Io non ho frequentato nessuna scuola di giornalismo, però so che cosa rende interessante una storia perché prima di scrivere su un quotidiano ho fatto lo strillone agli angoli delle strade. E sai qual è la prima cosa che ho imparato? Le cattive notizie vendono più di quelle buone. Perché una buona notizia non è una notizia».
Come Charlie Tatum (Kirk Douglas), il cinico reporter del film L’asso nella manica, la pensano gran parte dei professionisti dell’informazione, concordi nel tener lontano da carta stampata e tg ciò che non rientra nella collaudata legge delle «tre S»: sesso, soldi e sangue.
Ma è proprio vero che le buone notizie non sono notizie e che la gente è interessata solo alle news cattive? Per verificarlo direttamente in edicola, il mensile Focus ha dedicato la copertina del numero di gennaio alle «Buone notizie che nessuno ci ha raccontato».
«Il mondo è pieno di tragedie ma ci sono anche molti fatti positivi - spiega al Giornale il direttore di Focus, Sandro Boeri -. Ci siamo interrogati sul motivo per il quale “buone notizie” di grande rilevanza e interesse non trovano spazio sui media. Abbiamo deciso così di selezionare gli avvenimenti più significativi (alcuni li troverete nei box di questa pagina, ndr), sottoponendoli all’attenzione dei lettori». Contemporaneamente è stato aperto anche un forum sul sito di Focus. «Le prime reazioni sono state favorevoli - aggiunge Boeri -, via e-mail abbiamo ricevuto numerose nuove segnalazioni di cui daremo conto sul prossimo numero di Focus». È indubitabile comunque che le brutte notizie «tirino» più di quelle belle. «Non ho una risposta per spiegare questo meccanismo - spiega il direttore di Focus -, anche se è ipotizzabile che il lettore cerchi inconsciamente nella notizia cattiva una sorta di via di fuga».
In che senso una «via di fuga»? «È come se, attraverso l’esperienza negativa del protagonista della notizia “cattiva”, il lettore cerchi di imparare a cavarsela nell’eventualità si trovi in una situazione analoga».
Un’interpretazione suggestiva, ma la spiegazione non potrebbe essere rintracciabile - più banalmente - nel piacere perverso di godere delle disgrazie altrui? «Questa è materia per psicologi e psichiatri; da parte nostra ci siamo limitati a fare una specie di test che i lettori hanno mostrato di gradire».
Entusiasta dell’esperimento di non sbattere il male in prima pagina (preferendo sostituirlo con il bene) è pure Luca Serafini, direttore di Viator che, cinque anni fa, decise di fondare il primo mensile impegnato a raccontare solo «il lato positivo della vita». «Dal 2000 a oggi siamo cresciuti in termini di copie e diffusione - ci racconta Serafini, giornalista sportivo da sempre impegnato nel volontariato -. Ultimamente abbiamo istituito uno “sportello solidarietà” attraverso il quale raccogliere fondi da destinare a persone bisognose. Un progetto nel quale abbiamo coinvolto anche i giocatori del Milan: un ragazzo di Napoli è stato operato grazie al loro “piccolo” contributo economico.

I calciatori, ovviamente, erano disposti a donarci somme ben più consistenti, ma noi abbiamo chiesto volutamente una cifra bassa, proprio per sensibilizzare i lettori a un concetto che consideriamo basilare: tutti possiamo, con un minimo sforzo finanziario, aiutare qualcuno in difficoltà. Molti dei nostri abbonati l’hanno capito e non ci fanno mancare il loro sostegno».
Quando si dice una bella notizia.

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