La Procura di Milano stacca provvisoriamente la spina all'inchiesta Vallettopoli-due, dopo una furibonda arrabbiatura del suo capo Manlio Minale per le fughe di notizie dei giorni scorsi. «Non possiamo permetterci ad agenti e paparazzi di dettarci l'agenda delle indagini», è stato detto in un vertice dei magistrati che lavorano al caso. Ma ormai forse è tardi, il fuoco d'artificio delle voci, delle indiscrezioni delle soffiate più o meno interessate è probabilmente ormai fuori controllo. E oggi a aggiungere l'unico tassello che mancava a fare dell'inchiesta milanese un bailamme dietrologico-mediatico - dove diventa definitivamente impossibile distinguere bufale e verità - arriva Gioacchino Genchi. Sì proprio lui, il superconsulente della Procura di Catanzaro ai tempi dell'indagine Why Not, che fa una rivelazione choc: dietro i paparazzi ci sono i servizi segreti".
Genchi, intervistato da Klaus Davi nella trasmissione «KlausCondicio» su YouTube, non entra nei dettagli, non spiega quali elementi concreti di prova lo portino a vedere dietro i Corona e gli Scarfone l'ombra lunga degli 007. Ma afferma: "I fotoricatti sono commissionati dai servizi segreti. É emerso in diverse indagini, alcune delle quali mi sono occupato io alla procura di Roma e di Catanzaro, che hanno evidenziato lo strettissimo rapporto che c'è tra questi soggetti e il mondo dell'informazione e contemporaneamente il mondo dei servizi. Queste cose non avvengono a caso. Non si tratta di una foto carpita durante uno show, una manifestazione pubblica, ma un'attività di pedinamento costante, scientifica, di persone che hanno informazioni precise sugli spostamenti delle personalità che vanno poi a fotografare o a riprendere. Quello che è accaduto a Sircana, a Boffo, a Lapo Elkann, è semplicemente un'attività che viene canalizzata attraverso un circuito informativo di persone che stanno all'interno delle istituzioni dello Stato. Dietro Corona e oltre Corona c'è un sistema che sul ricatto governa l'Italia".
Magari poi si scoprirà che è tutto vero, e che a reclutare i re del teleobiettivo erano gli uomini di una branca deviata del Sismi o della Cia. Per ora, però, la Procura milanese preferisce restare con i piedi per terra, e anzi punta a dare un colpo di freno all'inchiesta (almeno sul piano mediatico). Per questo è probabile che la tornata di interrogatori già prevista per questi giorni venga rinviata, in modo da lasciare raffreddare l'interesse dei mezzi d'informazione e di conseguenza lo stillicidio di nomi tirati in causa - a proposito e a sproposito - a partire da mercoledì scorso. Uno stillicidio che la Procura attribuisce soprattutto agli stessi indagati e ai loro complici, che farebbero filtrare brandelli di interrogatorio per fare pressioni o semplicemente per alzare polveroni.
I primi diritti che la Procura milanese - insieme a Minale, il procuratore aggiunto Edmondo Bruti Liberati che coordina l'indagine del pm Frank Di Maio - intende tutelare in questa fase sono quelli delle vittime, cioè dei vip prima paparazzati e poi ricattati. A Milano, questa è l'intenzione degli inquirenti, non si ripeterà lo spettacolo già visto a Potenza, con le vittime sottoposte al nuovo torto della gogna mediatica.
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