Ma perchè non restituire il Lirico alla lirica? Lo storico teatro di via Larga, chiuso dallormai lontano 1998, è in attesa di un restauro complessivo, che lo riporti agli antichi splendori. I lavori, tuttavia, sono attualmente sospesi, a causa del fallimento della società incaricata di eseguirli.
Dal canto suo, lamministrazione comunale, proprietaria dellimmobile, attraverso lassessore alla Cultura Massimiliano Finazzer Flory ha ribadito linteresse a entrare direttamente in campo. Obiettivo: riaprire i battenti entro il 2013 e destinare (forse) la grande sala al balletto.
Eppure, nelle vene del Lirico scorre sangue operistico e il «bel canto» è lelemento costitutivo del suo Dna. Historia docet. I progetti della Scala e del teatro detto «la Cannobiana», affidati entrambi al Piermarini, hanno avuto sviluppo (e destino) parallelo, proprio per esplicita volontà delle autorità regia austriaca, che decise la costruzione di un «teatro grande», cioè la Scala, e di un «teatro piccolo», da realizzare sullarea delle Scuole Cannobiane. La nuova sala venne inaugurata nel 1779, un anno dopo la Scala, con uno spettacolo e musiche di Antonio Salieri. Da allora, e fino alla seconda guerra mondiale, quello che nel 1894 diventerà il Teatro Lirico Internazionale ha ospitato prime e debutti insigni: Donizetti la scelse per Lelisir damore, poi Cilea, Leoncavallo, oltre ai primi successi di Enrico Caruso. Così, la sala di via Larga potrebbe rivestire un ruolo originale suo proprio, diventando ad esempio sede permanente dellopera italiana. Quella, insomma, che conoscono tutti e che tutti vorrebbero continuare a gustare, al di là di produzioni sperimentali o di (sia pur legittima) ricerca, da lasciare ad altri soggetti più titolati.
Abbiamo chiesto ad alcuni esponenti del mondo musicale e culturale milanese la loro opinione al riguardo. «A Milano dal 1956 al 1984 vi sono state due stagioni: oltre alla Scala, anche la Piccola Scala - afferma Luigi Corbani, direttore generale della Fondazione Orchestra e Coro Giuseppe Verdi -. Inoltre lacquisto del Teatro Puccini da parte del Comune, dintesa con la Scala, era stato fatto per creare un nuovo palcoscenico destinato a danza e operetta. E possibile dunque pensare a un teatro dopera italiana, che sia anche fucina di giovani interpreti, registi, scenografi e costumisti. Daltra parte, per esempio a Londra, ma non solo, oltre al Covent Garden cè lEnglish National Opera, dove tutte le opere si cantano in lingua inglese. A Milano il Lirico potrebbe essere dedicato solo allopera italiana, con una programmazione e una produttività che consenta costi limitati».
Di diverso avviso è Giuseppe Manzoni, consigliere delegato della Fondazione Pomeriggi Musicali: «Per allargare lofferta dellopera a Milano penserei piuttosto agli Arcimboldi, struttura già esistente e pronta alluso. La fondazione che rappresento fa parte del Circuito lirico della Regione Lombardia, che coinvolge in una programmazione comune cinque teatri di tradizione: perchè non portare queste opere anche nella sala della Bicocca? Il Lirico lo dedichiamo alla danza contemporanea che da sola, peraltro, non potrà bastare per sostenere i costi delloperazione. Del resto, i teatri, per vivere, devono fare anche operazioni commerciali».
«Ben venga lopera al Lirico! - esclama il regista teatrale Filippo Crivelli, fresco reduce dal clamoroso successo al Carlo Felice di Genova con il «suo» Elisir damore -. In effetti anche a Milano cè sete di lirica. Limportante è impostare una programmazione seria e di qualità, che sappia davvero conquistare il pubblico, che non mancherebbe. Mi ricordo quando venne costruito il Teatro Arcimboldi: io avrei fatto la scelta di unadeguata e funzionale ristrutturazione del Lirico.
Certo, non potrebbe vivere di solo bel canto; ma torniamo allobbligo di una programmazione impeccabile».
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