Certo non aiuta la cattiva manutenzione di molte strade italiane, specie cittadine. Né la disattenzione generalizzata, in particolar modo degli automobilisti, forti delle quattro ruote e della protezione dell'abitacolo. Ma resta sconcertante il dato che vede morire un centauro ogni sette ore.
Che sia a cavallo di un ciclomotore o di un motociclo, poco importa. Peggio ancora, quando ci va di mezzo ai fragili ciclisti, anime candide di città spesso organizzate come vere succursali delle autopiste: strade asfaltate, a più corsie, nelle quali le vetture sfrecciano incuranti del prossimo. La falcidie continua, con lievi decrementi negli ultimi anni, e colloca il nostro Paese al decimo posto nella classifica dei 27 Paesi dell'Unione europea in quanto a livello di sicurezza stradale. Segno che l'introduzione del nuovo Codice della Strada ha avuto effetti positivi, che potrebbero diventare maggiori qualora nello scampolo di legislatura ancora a disposizione il Parlamento approvasse la legge delega al vaglio delle commissioni che, tra l'altro, introduce il reato di «omicidio stradale».
Cosa fare ancora? Il discorso è lungo, perché investe persino un modello di industrializzazione che vede nell'auto il settore trainante (difatti nella crisi globale è il comparto più colpito) e le case costruttrici ancora dettar legge, insofferenti di semplici accorgimenti, tipo il depotenziamento di motori (perché allestire mostri che arrivano a 200-220 km l'ora quando ovunque i limiti consentiti sono di 110-130?). Altra politica vincente sarebbe rendere l'esame per la patente sempre più difficile e non alla portata di chiunque (ma chi comprerebbe più un auto, se i pochi autisti fossero tutti competenti a livello di piloti dei rally?).
Detto questo, l'educazione stradale fin dalla più tenera età resta uno dei pochi provvedimenti possibili e sempre utili. Così molti degli incidenti in moto che colpiscono i giovani potrebbero essere evitati con la giusta prevenzione. Insegnare una guida responsabile, supportata dall'utilizzo delle tecnologie ad oggi disponibili: questa la semplice alchimia (non sempre rispettata) di progetti volti a migliorare l'offerta delle autoscuole (che non dovrebbero essere «patentifici»).
L'ultimo di questi progetti utili, se non benemeriti, si chiama «Bikers accademy» e sarà presentato oggi alla Camera dei deputati, grazie alla collaborazione di un drappello bipartisan di deputati: in primis Mario Valducci (pdl), presidente della commissione Trasporti della Camera, e Michele Meta (pd), capogruppo nella medesima commissione. Assieme a loro, il vicepresidente di un'associazione vittime della strada (Antonio Lerario), il direttore del settore moto di Confindustria (Claudio De Viti), due rappresentanti delle autoscuole (Mario Forneris e Pino Russo), altri addetti ai lavori (Patrizio Vanessi, della Cse Italia; Willam Armuzzi, della Honda;Thomas Opferkuch, della Bosch).
Che cos'è «Bikers Accademy» e come funziona? Si tratta di un corso facile, gratuito e integrato nelle lezioni di teoria previste dal codice della strada che farà scoprire i segreti per una guida sicura ai ragazzi tra i 14 e i 17 anni che vogliono conseguire il patentino e la patente A1. Fra le tematiche volte a formare e sensibilizzare i giovani: l'utilizzo di tecnologie quali l'ABS, che può aiutare a ridurre sensibilmente gli incidenti gravi e fatali, l'uso del casco, la manutenzione del motore ed il comportamento da adottare alla guida. Il progetto è consultabile anche attraverso il sito www.bikersacademy.it, dal quale sarà possibile scaricare tutti i materiali didattici e la lista delle autoscuole aderenti.
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