Il governo Monti per ora ha deciso di non decidere. E pensare che un esecutivo di emergenza, com’è stato definito quello attuale sulla base del mandato ricevuto da Giorgio Napolitano, dovrebbe agire in fretta, evitando tutti i passaggi dispersivi previsti dalle ordinarie procedure. Ma la squadra del professore bocconiano, per quanto sia tecnica, deve giocoforza soggiacere ai partiti e ha bisogno del loro consenso anche solo per muovere un dito. Il consenso sulla carta c’è, in quanto il Parlamento ha votato la fiducia al ministero. Però si è trattato di una fiducia solo generica e condizionata. Il bello, si fa per dire, verrà nel momento in cui Mario Monti presenterà alle Camere le riforme giudicate «impressionanti »da Angela Merkel, l’unica persona al mondo a cui egli ha rivelato il suo piano per salvare l’Italia.
Quale sarà la reazione della sinistra? E quale sarà la reazione della destra? Da notare che i due schieramenti hanno idee diverse su tutto; ciò che piace a uno non piace all’altro. Metterli d’accordo non sarà possibile. Qualora fosse possibile, la scelta di viceministri e sottosegretari (una formalità di carattere politico, quindi non facilmente superabile) sarebbe già avvenuta, e invece sta provocando polemiche e scontri degni di miglior causa.
È un segnale che dovrebbe far riflettere i nuovi padroni del vapore, Napolitano in testa, autore della formula tecnica, che forse pensava di aver trovato la quadratura del cerchio e, al contrario, ha generato un «mostro » del tutto simile ai precedenti governi, succubi di una democrazia parlamentare logora, superata, antiquata, cioè un sistema marcio e non più in grado di funzionare. D’altronde, se funzionasse, non ci sarebbe stato bisogno di inventarsi il governo tecnico, che è l’ultima spiaggia.
Qualcuno dice: sarebbe stato più corretto ricorrere a elezioni anticipate. Giusto. Il voto esprime la volontà del popolo sovrano. Al quale però, se non offri un sistema efficiente, non resta che stare al solito gioco, i cui frutti non possono che essere marci come la pianta(l’impianto istituzionale). La totalità dei partiti non ha saputo rinnovarsi. La gente li considera non a torto fonte di corruzione. I politici sono guardati male perché vengono identificati nella maledetta Casta. Difficile che un cittadino abbia stima di senatori e deputati. Ci sarà un motivo.
Il problema in realtà è organizzativo. Le democrazie occidentali sono impostate su schemi obsoleti. Andavano benino mezzo secolo fa, ora sono inadeguate. La nostra poi è arrugginita, inceppata. Inutile illudersi, non gira. Chiunque - Prodi, Berlusconi o Monti - provi ad avviarne i motori è destinato a fallire. I governi di coalizione, dopo alcuni mesi di euforia, finiscono contro il muro. Ovvio, ogni alleato pretende di guidare e la macchina sbanda pericolosamente.
Nonostante ciò, nessuno osa proporre un cambiamento radicale (presidenzialismo, governi macroregionali alla Miglio eccetera). Si va avanti per tentativi il cui esito, nefasto, è scontato. L’esecutivo tecnico farà, quindi, la fine di tutti gli altri esecutivi: una brutta fine, indipendentemente dall’abilità delle persone che lo incarnano.
La strada per
sopravvivere c’è. Una commissione costituente tecnica e non politica. Perché i partiti, questi partiti, non sono all’altezza di riformare se stessi, figuriamoci se riescono a riformare il sistema istituzionale.
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