Genitori e teen drama: presenza ingombrante o assenza assordante?

Le serie teen italiane da una parte relegano i genitori ad un ruolo marginale e secondario; dall’altra, invece, i genitori sono una presenza ingombrante e spesso spingono i figli a compiere scelte estreme

Genitori e teen drama: presenza ingombrante o assenza assordante?

In ritardo, ma ci siamo arrivati anche noi. La recente serialità italiana è sicuramente caratterizzata da una forte novità: un’evidente apertura al teen drama. Certamente, in questo, sono state fondamentali le piattaforme e, più specificamente, Netflix. Infatti, salvo qualche esperimento (pensiamo a Braccialetti Rossi), il panorama televisivo italiano ha sempre collocato in posizione secondaria le nuove generazioni relegandole spesso al contesto familiare e ponendo, invece, al centro della scena la vita degli adulti. Non possiamo, a questo proposito, non citare il famosissimo Un medico in famiglia oppure l’amatissima fiction I Cesaroni in cui i giovani sicuramente erano tra i protagonisti, ma il mondo non veniva guardato secondo il loro punto di vista. Storicamente, d’altronde, le tv generaliste hanno subito fortemente l’influenza dell’assetto culturale, politico e sociale, per certi aspetti un limite nell’offerta televisiva legata alla necessità di accontentare un pubblico più ampio possibile.

Costituendo un vero e proprio cambio di rotta, la recente serialità teen, invece, si caratterizza per un forte riferimento alla realtà, al processo di crescita adolescenziale e alle insicurezze legate a questa delicatissima fase della vita. Dal punto di vista narrativo, è sicuramente interessante focalizzarsi sulle dinamiche relazionali che si sviluppano tra genitori e figli. Queste sono spesso variegate, ricche di tensioni e si rivelano terreno fertile per lo sviluppo del racconto seriale. Certamente, rispetto alla staticità della fase post-adolescenziale, il periodo liceale porta a maggiore instabilità nella suddetta relazione. È anche vero, però, che in gran parte della serialità teen è evidente la scelta narrativa di ritagliare ai genitori un ruolo marginale e secondario: spesso, infatti, risultano invisibili e del tutto estranei rispetto alle problematiche dei figli. Ma come vedremo, non sempre è così.

Skam Italia

SKAM

La serie Skam Italia, giunta alla sua sesta stagione in produzione proprio in questi mesi, è stata cruciale nel cambio di rotta della serialità italiana. Debuttando nel 2018 come prima produzione originale di Tim Vision, Skam nasce da una web serie norvegese risalente al 2015 e sceneggiatura e regia vengono affidate a Ludovico Bessegato.

Bessegato ha saputo adattare notevolmente la serie al contesto nazionale italiano, dove Roma e il liceo classico Kennedy fanno da sfondo alla narrazione. La vera protagonista della serie è la quotidianità dei personaggi, che non compiono gesta eroiche, trattandosi di racconti senza troppe spettacolarizzazioni. Le lezioni, le prime storie d’amore, le feste del sabato sera, le discussioni banali e molti altri frammenti di quotidianità, vanno a comporre un quadro completo della vita di un qualsiasi giovane di oggi. Il tutto contornato da tematiche importanti, ma sempre trattate in maniera naturale e spontanea.

Ad accomunare i ragazzi di Skam è la grande paura di essere incompresi, forse una delle preoccupazioni maggiori dell’adolescenza. Paura che li induce a vivere la sofferenza in grande solitudine, arrivando solo alla fine al dialogo con gli altri. La peculiarità è che questi “altri” sono esclusivamente gli amici e mai i genitori. In Skam i genitori non esistono, o meglio, sono esterni alla narrazione; l’idea è quella di dare voce ai problemi, che vanno dalla ricerca di chiarezza circa la propria identità sessuale all’instabilità delle prime relazioni che, nella concreta realtà, l’adolescente si trova davvero ad affrontare spesso da solo. Infatti, la mancanza di dialogo e il conseguente distacco, sono frutto della paura di un giudizio negativo e di una mancata comprensione.

Prisma

PRISMA

Rosso, arancione, giallo, verde, blu, indaco, viola e bianco sono gli otto colori di Prisma e ciascuno dà il titolo ad un diverso episodio. Un’importanza cromatica che si riflette anche nelle scelte registiche, in particolare, la prima inquadratura di ciascun episodio rispecchia il colore del titolo. Il titolo stesso fa riferimento ad una forma geometrica magica per l’effetto ottico che riproduce: un prisma trasparente, infatti, scompone la luce in tutti i colori dell’arcobaleno, colori che riflettono le diverse sfaccettature della realtà che Prisma mette in scena.

Prisma, prodotta da Amazon Prime Video e ideata da Alice Urciolo e dallo stesso creatore di Skam, Bessegato, pone l’attenzione su diverse tematiche centrali nell’adolescenza e non solo. Come un vero e proprio racconto di formazione ruota attorno alla relazione difficile e complessa tra aspetto estetico, identità e orientamenti sessuali di un gruppo di adolescenti di Latina. Attraverso la storia dei due gemelli protagonisti (interpretati entrambi dallo stesso attore Mattia Carrano), la serie indaga senza abbandonarsi a clichè ed esasperazioni sul realistico processo di scoperta, elaborazione e accettazione di sé, sottolineando quanto spesso la volontà di essere sé stessi coincide con la paura di rivelarsi agli altri per ciò che si è davvero. La paura, talvolta, è superiore se questi “altri” sono i genitori, di cui più di tutti forse, si teme il giudizio. Anche in questo caso, i genitori sono posti ai margini, quasi inesistenti, ad eccezione del padre dei protagonisti che, però, pare non comprendere, fino in fondo, la necessità dei figli desiderosi di essere amati e accettati.

Mare fuori

Mare Fuori

Se in Skam e Prisma la presenza dei genitori è quasi nulla, scelta che pare essere proprio volontaria e quasi un segnale di “denuncia” nei confronti di quei genitori che non comprendono davvero i propri figli, diverso è per il fenomeno del momento Mare fuori.

È il 23 settembre 2020 quando Mare fuori con il suo debutto in prima serata su Rai 2 segna l’avvicinarsi della tv generalista ai giovani. La serie, ambientata a Napoli, porta la firma di Cristina Farina e Maurizio Careddu e segue il percorso di giovani reclusi che dopo aver compiuto gravi gesti e, probabilmente anche per mancanza di strumenti culturali o affettivi, si ritrovano a vivere dietro le sbarre. Raccontando per la prima volta la realtà carceriera dal punto di vista dei giovani, Mare fuori lascia spazio alla speranza di potere mettere in luce una tematica di cui purtroppo poco si parla.

I protagonisti di Mare fuori, tutti giovanissimi, sono accomunati dallo stesso destino, ma diversa è la famiglia e la storia che hanno alle spalle. Qui le famiglie incidono più che mai; se nelle piattaforme si riscontrano narrazioni che escludono totalmente i genitori, come se per le nuove generazioni, forse per una mancanza di comprensione, la famiglia fosse più un peso che una risorsa, in Mare fuori, invece, i genitori costituiscono una presenza ingombrante. Sono loro a voler indirizzare le scelte dei figli e a spingerli a compiere delle azioni, a volte anche estreme. A tal proposito, gli sceneggiatori della serie hanno dichiarato al quotidiano la Repubblica: "Ogni detenuto si trova di fronte, come uno specchio, la propria famiglia, e verrà chiamato a compiere una scelta. Seguirne le orme o rinnegarle?".

Gli adulti centrali nella narrazione, però, non sono solo i genitori, ma anche quelli che, all’interno dell’istituto, li guidano verso un percorso di crescita e civilizzazione. Infatti, i ragazzi sono chiamati a compiere delle scelte e seppur giovani, sentono sulle loro spalle il peso della responsabilità. È per questo che non vengono lasciati soli, ma ad aiutarli ci sono Paola, la direttrice del carcere (interpretata da Carolina Crescentini), il Comandante Massimo (interpretato da Carmine Recano) e l’educatore Beppe (interpretato da Vincenzo Ferrara). È con il loro aiuto che danno speranza ai giovani protagonisti e forse è proprio la speranza la vera protagonista di Mare fuori, proprio come emerge dalle parole della sua sigla forte e d’impatto: Nun te preoccupa' guaglio', ce sta o' mar' for' ce sta o' mar' for', ce sta o' mar' for' arret' 'e sbarr', sott' o' ciel' ce sta o' mar' for' (“Non ti preoccupare ragazzo, fuori c’è il mare; dietro le sbarre, sotto il cielo…fuori c’è il mare”). Il mare è proprio la metafora di quella speranza di cui quei ragazzi hanno bisogno.

Ad ogni modo, potremmo dire che nelle sue svariate forme, i teen drama ed in modo particolare quelli dell’ultimo decennio, portano alla luce un cambiamento valoriale e identitario sia che gli adulti siano presenti sia che essi siano totalmente assenti.

La società in senso lato è alla ricerca di risposte; è forse questo uno dei possibili motivi alla base del successo di questo genere seriale, particolarmente apprezzato da chi è interessato a conoscere e interrogarsi sulle generazioni più recenti, ma anche da chi è nostalgico di un passato ormai alle spalle e che forse, grazie al piccolo schermo, seppur in maniera diversa, ha la sensazione di rivivere.

Ecco perché il teen drama piace: i giovani si sentono meno soli, gli adulti ritrovano un po’ di sé stessi e di quello che sono stati.

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