Sesso e soldi: Tokyo caccia le balene

Filmati provano che il Giappone sta tentando di corrompere diversi Paesi con tangenti ed escort. L’obiettivo: strappare alla Commissione internazionale per la pesca lo stop alla moratoria imposta 24 anni fa

Sesso e soldi: Tokyo caccia le balene

Quanto vale un sashimi di balena? Molte «geishe» e tanto denaro. Soprattutto se a pagare sono i giapponesi pronti a tutto pur di rimettere in mare, dopo 24 anni d’embargo, i loro assatanati comandanti Achab e le loro baleniere. A scoprire il grande giro di corruzione messo in piedi da Tokyo per riportare sulle proprie tavole il sashimi preferito hanno pensato due giornalisti inglesi del Sunday Times. Armati di telecamera nascosta e travestiti da emissari di una fantasiosa organizzazione per la difesa dei cetacei finanziata da un altrettanto farlocco miliardario svizzero i due si son messi a far concorrenza ai giapponesi.

L’occasione per scoprire quelli di Tokyo con le mani nella marmellata è quanto mai ghiotta. Ad Agadir, in Marocco, si sta per aprire un storica riunione della Commissione internazionale per la pesca della balena. Nel corso dell’incontro gli 88 membri della commissione decideranno se approvare la richiesta avanzata dal Marocco e sostituire la moratoria con una pesca contingentata. Quest’ultima soluzione consentirebbe a Giappone, Norvegia e Islanda, i tre grandi cacciatori di balene del globo, di uccidere 1800 cetacei a testa all’anno. Per raggiungere il ghiotto risultato c’è però bisogno del voto di almeno due terzi dei delegati. Per ottenerlo, secondo un delegato della Tanzania, il Giappone ha già messo a disposizione viaggi spesati a Tokyo, «buone donne» e un sacco di denaro sotto forma di contanti e aiuti.

«Sapete come va, incominciano a chiederti: ma sei venuto solo, non vuoi un po’ di compagnia e comfort, ti piacciono i massaggi? Qui è tutto gratis», racconta alla telecamera nascosta Geoffrey Nanyaro, capo commissione della Tanzania. Invitato a cena dai giornalisti travestiti da ambientalisti svizzeri, il capo delegazione fa capire quanto costoso sia contrapporsi alla generosità del Sol Levante. Almeno 7 dei suoi delegati hanno già trascorso un anno di studi interamente pagati in Giappone e il suo Paese ha incassato negli ultimi due anni aiuti per 95 milioni di euro. Ma la Tanzania è in buona compagnia. Nel corso di pochi incontri e qualche cena i finti amici delle balene smascherano i delegati di almeno altri sei Paesi già sulla lista acquisti di Tokyo. Il trucco è sempre lo stesso. Nel corso di un appuntamento vengono offerti aiuti decennali per circa 30 milioni annui di euro garantiti dalla generosità dell’eccentrico miliardario svizzero Hans Kruber. Per farli ottenere al proprio Paese il delegato deve solo votare a favore del mantenimento dell’embargo. A quel punto i delegati fanno a gara nell’elencare le liberalità ottenute dai giapponesi.

Ibrahima Sory Sylla, capo delegazione della Guinea, spiega che i dieci anni di fedele alleanza a Tokyo dei suoi uomini sono anche il risultato dei rimborsi per almeno 300 dollari al giorno messi a disposizione durante le riunioni della Commissione sulla Pesca. «Ma quello - spiega Sylla - è proprio il minimo, a volte ci pagano anche mille dollari al giorno in contanti». E i rappresentanti di alcuni minuscoli arcipelaghi del Pacifico - il cui voto in ambito commissione è prezioso e pesante quanto quello di qualsiasi altro membro - si rivelano anche più spudorati. «Se i giapponesi vogliono che votiamo come loro perché mai non dovrebbero pagare? Chiunque voglia il nostro voto deve aiutarci a partecipare all’incontro - fa notare Panapasi Nelson rappresentante del piccolo arcipelago delle isole Tuvalu a cui il Giappone destina ogni anno quasi dodici milioni di euro di contribuiti per lo sviluppo della pesca. E Doreen de Brum, consigliere per la pesca delle isole Marshall, è ancora più candido nello spiegare il rapporto causa effetto tra il malloppo incassato annualmente dal Giappone e l’aiuto garantito sulla caccia alla balena.

«Noi appoggiamo il Giappone solo in conseguenza dell’aiuto che ci fornisce» – ammette De Brum. Ma subito dopo precisa di esser pronto a consigliare al proprio Paese un immediato voltafaccia. Perché in fondo la difesa delle balene o del loro sashimi è solo una maledetta questione di prezzo.

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