Brian Eno, le sette vite di un "non musicista" che ha rivoluzionato la musica

Ha fatto suonare la macchina come un uomo e viceversa. Sua la composizione più breve e famosa del mondo: il jingle di Windows

Brian Eno, le sette vite di un "non musicista" che ha rivoluzionato la musica

In questi giorni è uscita una antologia di Brian Eno. È la colonna sonora ufficiale del documentario Eno di Gary Hustwit. Il film, grazie all'intelligenza artificiale, è diverso ogni volta che viene mostrato. Si può guardare decine di volte senza incappare in una replica. La colonna sonora ufficiale presenta 17 tracce di tutta la prolifica carriera discografica di Eno. Ci sono classici come By This River ma anche tre registrazioni inedite.

Il documentario «generativo» è un ottimo compendio di tutte le vite e di tutte le idee di Eno. Un artista completo, che appare centrale per aver anticipato la tendenza a coniugare artificiale e naturale nella creazione artistica. In ogni fase della sua carriera, Eno ha cercato di far ragionare le macchine come gli uomini e gli uomini come macchine, affascinato dal (non) luogo ibrido dove nasceranno le opere d'arte del futuro. Non stupisce quindi che Eno sia riverito come un guru anche in ambienti distanti da quello musicale. I suoi libri Music for Non Musicians e Oblique Strategy sono degli anni Settanta. Solo oggi forse possiamo misurarne la portata. Entrambi mescolano matematica e misticismo orientale, fatto che avvicina Eno, non a caso, a Steve Jobs. Fin dagli albori del digitale, Eno si è interessato agli sviluppi della tecnologia informatica. Avete presente le note più ascoltate del mondo, il brevissimo jingle che parte quando accendete un computer sul quale sia installato Windows? Ecco, le ha «composte» lui. Brian Eno: «La Microsoft mi chiese una musica capace di ispirare, universale, ottimistica, sexy, futuristica, sentimentale, emozionale, più un'altra serie di circa centocinquanta aggettivi, e conclusero dicendo che il brano doveva durare tre secondi e un quarto. Da allora ho composto 84 di questi piccoli pezzi, sicché quando ritorno a lavorare su brani della durata di tre minuti questi ultimi mi sembra siano come oceani di tempo». C'è anche un aspetto profondamente anni Settanta nella visione di Eno: il fai-da-te. Eno suona tutto ma si definisce «non musicista». Nella sua prima esibizione, Eno suonava... un magnetofono manipolato e restava dietro le quinte, lasciando il contatto col pubblico al resto del gruppo. A proposito, ancora non esistevano i deejay che usano i «piatti» e gli Lp come strumenti.

La colonna sonora di Eno permette di capire, almeno in parte, come Brian sia diventato se stesso. Si può dire che Eno contenga moltitudini, per citare Walt Whitman (e Bob Dylan). Esistono molti Brian Eno.

Il primo Brian Eno è il tastierista dei Roxy Music. È il gruppo simbolo del cosiddetto glam rock, inventato da Bowie alias Ziggy Stardust. Brian Ferry, il cantante, ci mette la voce da crooner prestato al rock. Eno ci mette... il rumore. Il ronzio dei sintetizzatori, le «code» sperimentali di alcuni brani. I Roxy Music sono lanciati verso il successo quando Eno decide che è tempo di andarsene.

Il secondo Brian Eno si presenta nel 1973 quando pubblica No Pussyfooting insieme con Robert Fripp, chitarrista dei King Crimson. Siamo dalle parti della musica contemporanea e del minimalismo. Eno inizia a utilizzare lo studio come uno strumento e lavora sul suono della chitarra creando una suggestiva eco di ogni singolo passaggio.

Nel 1975, il terzo Brian Eno si inventa la musica d'ambiente, con l'album Discreet Music. Il suono si deve integrare con lo spazio e riempirlo, anzi: scolpirlo, anzi: arredarlo. L'ascoltatore può uscire e rientrare nel flusso di note. L'Eno d'ambiente collabora, nel corso del tempo, con il fratello Roger, con il produttore Daniel Lanois e con il compositore Gavin Bryars. In questo filone, il disco di maggiore successo, e forse il più bello, è Apollo: Atmospheres and Soundtracks (1983). «Colonna sonora» della conquista della Luna, il disco l'avete sentito tutti almeno una volta nella vita, essendo finito in decine di film, documentari, servizi televisivi.

Il quarto Brian Eno è il produttore discografico. Tra il 1977 e il 1979 collabora con David Bowie. Il risultato è la «trilogia berlinese», il momento più avventuroso della carriera avventurosa di Bowie. Escono Low, Heroes e The Lodger. Eno ha il compito di stimolare la creatività dei musicisti. Lo fa con le sue famose carte motivazionali dalle quali possono saltare fuori istruzioni all'apparenza insensate, tipo: «Distruggi la parte che ti sembra più importante». Il mazzo ha un nome, Strategie Oblique, come il libro, ed è contenuto in una scatola nera, creata da Brian Eno e dall'artista britannico Peter Schmidt. Le carte, pubblicate per la prima volta nel 1975, sono state più volte ristampate. L'obiettivo è costringere gli artisti a evitare ogni cliché e ad abbandonare la propria comfort zone. Dopo Bowie, Eno lavora con i Talking Heads, Devo, U2, Coldplay e mille altri pezzi da novanta.

Il quinto Brian Eno si fa vivo intorno alla seconda metà degli anni Ottanta quando sviluppa il concetto di Generative Music, una musica che si evolve in continuazione senza ripetersi, con l'aiuto di programmi informatici.

Il confine con l'arte (pittura e soprattutto scultura) è sempre più labile e infatti cade nel periodo successivo, quando appare il sesto Brian Eno che realizza installazioni sonore, anche in Italia, a Venaria Reale di Torino. La settima vita, che riassume tutte le altre, è nel documentario Eno, dove Brian Eno diventa anche un personaggio capace di non ripetere mai le stesse parole.

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