Un mercato maturo contraddistinto da una dinamica sostanzialmente piatta, in un contesto internazionale che ha spostato a Oriente il proprio baricentro.
È la fotografia del comparto fieristico italiano scattata dallOsservatorio Cermes Bocconi, che da un lato segnala una chiusura danno nel segno della stabilità e, dallaltro, allontana le ipotesi più pessimistiche per il 2009. Dice Christian Chizzoli, lecturer del dipartimento di management della Bocconi: «È prevedibile a consuntivo un calo di performance non superiore a 1 o 2 punti percentuali, anche perché la crisi è scoppiata nella seconda metà del 2008. In termini di attività totale, il bilancio si prospetta pressoché in linea con quello del 2007». Che registra un complesso di 890 manifestazioni, con superfici locate per 7,1 milioni di metri quadrati, 150mila espositori e 22 milioni di visitatori totali. Cifre che significano per lItalia, con il 14,2% degli spazi affittati e il 14,6% dei visitatori, il secondo posto dietro alla Germania in un mercato fieristico dellEuropa a «25» capace di 5.200 rassegne annuali. «Quanto al 2009, le prime anticipazioni sul mercato tedesco sono confortanti e indicano una sostanziale tenuta del settore. Che attende un calo ma non un crollo: il trend di fondo di un comparto ormai maturo non è cambiato e i movimenti sono legati alle variazioni congiunturali del sistema economico». Anche perché per molte aziende, piccole e medie soprattutto, la manifestazione fieristica rappresenta il solo investimento di marketing: eliminarlo vorrebbe dire non avere più alcuna visibilità sul mercato.
«Parte dei budget delle imprese europee - aggiunge Chizzoli - vengono dirottati verso le rassegne dei Paesi orientali, da cui cresce la domanda di prodotti manifatturieri dei settori tipici di specializzazione e che rappresentano anche i mercati fieristici di maggiore crescita. Perché piccoli e ancora nella fase iniziale di sviluppo». Ciò che sta mutando i contorni della geografia internazionale, con manifestazioni locali nel Far East, nellEuropa dellEst e in Sudamerica che contendono addirittura il primato alle rassegne europee di livello intercontinentale. «Lo spostamento dellasse dei sistemi economici si riflette anche sul baricentro del settore fieristico, che sconta le difficoltà dei comparti produttivi tradizionali europei, in accesa competizione con i concorrenti orientali, Cina e India in testa a tutti». In questo quadro generale, lItalia registra una progressiva concentrazione del mercato: «Non nel numero di operatori - spiega Chizzoli - ma nel fatto che i più grandi tendono a esserlo sempre di più e a controllarne, in prospettiva, una fetta sempre maggiore. Anche perché si osserva la tendenza a selezionare le manifestazioni più importanti: lazienda non partecipa più alle rassegne top di settore in Italia, Francia e Germania, ma ne sceglie una sola». La classifica dei quartieri nazionali vede, nellordine, Milano, Bologna, Verona e Rimini, in grado di assommare oltre il 68% delle aree complessivamente locate nellambito delle manifestazioni internazionali (circa 4,5 milioni di metri quadrati nel 2007). La graduatoria dei settori merceologici rispetto alle superfici affittate segnala innanzitutto labbigliamento-moda (18%), che vanta anche un quinto degli espositori totali, le costruzioni (12%) e lo sport-tempo libero (10%), seguiti a ruota da alimentari-catering e arredamento, mentre ad attrarre il maggior numero di visitatori sono le rassegne internazionali dellarte-antiquariato (26%) e di taglio generale (16%). «I poli italiani minori - riprende Chizzoli - vedranno probabilmente ridimensionato il proprio ruolo internazionale, ma potranno continuare a rappresentare il riferimento per un comparto specifico». Specializzazione, dunque, è la prima chiave strategica, cui affiancare possibilmente la ricerca di una partnership.
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