La sfida della ragazzina che non vuole abortire

Pordenone, incinta a 15 anni: vuole tenere il bimbo contro il parere di mamma e papà. L’anno scorso aveva partorito un figlio dato in adozione. I genitori osteggiano la relazione con un albanese musulmano. Lei si rivolge al tribunale. Al giudice tutelare l’ultima parola

La sfida della ragazzina che non vuole abortire

I numeri sono quelli fragili e ballerini dell’adolescenza: lei ha solo quindici anni e frequenta il primo anno del liceo a Pordenone, la sua città. Il cuore però non conosce mezze misure e non ha più tempo per esplorare come sarà la vita: la ragazza ha giurato eterno amore al fidanzato, un albanese ventunenne, ha intenzione di sposarlo appena sarà possibile e, soprattutto, d’accordo con lui vuole assolutamente tenere il bambino che ha concepito poco meno di tre mesi fa.
Conflitto durissimo perché la famiglia invece punta dritta all’aborto e si è già rivolta all’ospedale: il limite previsto dalla legge per l’interruzione della gravidanza - i novanta giorni - infatti è vicinissimo. Papà e mamma, una coppia piccolo borghese, hanno dalla loro l’età, l’esperienza, le inevitabili disillusioni degli adulti che misurano col metro della praticità gli ideali e le scelte difficili.
Ma la partita non è così semplice come potrebbe sembrare: la relazione fra la ragazzina e l’albanese, operaio regolare di religione musulmana, va avanti da circa tre anni e per quanto i numeri siano ancora una volta drammatici - si può amare a 12 o 13 anni? - i due fidanzatini sembrano giocare con coraggio e lucidità le loro carte.
L’anno scorso lei era già rimasta incinta una prima volta e la famiglia di lei, forse convinta di dover spegnere con l’estintore del buonsenso quel fuoco di passioni, l’aveva spedita in clinica per l’aborto.
Lei però aveva tirato fuori un carattere non comune: era scappata e alla fine si era trovato un compromesso, forse ancor più lacerante: far nascere quella creatura e poi, via, darla subito in adozione.
Ora la fanciulla si è messa di traverso a tutte le soluzioni escogitate dai genitori e insieme al suo ragazzo è andata dall’avvocato Laura Ferretti per fermare la mano degli adulti. «Voglio questo figlio - ha ripetuto la baby studentessa al suo legale - voglio allevarlo e crescerlo con tutto l’amore di cui sono capace».
Laura Ferretti l’ha presa in parola, ingaggiando una battaglia pro life: «Faremo di tutto per evitare che i genitori possano obbligare la ragazzina a interrompere la gravidanza. Come avevano tentato un anno e mezzo fa». Nei giorni scorsi l’avvocato ha preso contatto col giudice tutelare, l’unico a poter fermare quel rullo compressore. «Il giudice - spiega il legale - potrebbe dare ragione alla ragazzina, anche se minorenne. Ma forse nelle ultime 24 ore la situazione è cambiata». Complice l’esplosione del caso, raccontato ieri dal Gazzettino. «I genitori hanno avuto una crisi di coscienza e ieri pomeriggio, dopo anni di muro contro muro e litigi furibondi, hanno trascorso ore e ore a parlare con la figlia. In quella discussione è uscito di tutto, l’astio, la paura del futuro, i pregiudizi sul giovane» che, oltretutto, rischia pure sul piano penale perché la storia è iniziata quando lei aveva meno di quattordici anni. «Forse - è la chiusa del legale - è in arrivo il più bel regalo di Pasqua. Un figlio e, poi, le nozze».
Un finale diverso da quello crudele andato in scena a giugno 2007: «Quando sono rimasta incinta la prima volta - ha svelato lei al Gazzettino - mi sono confidata con papà e mamma. La prima idea è stata quella di farmi abortire, ma io credo in Dio e nei principi della Chiesa. I miei genitori mi hanno insegnato che un figlio non si può uccidere». Così la legge morale insegnata in astratto da papà e mamma è stata applicata per contrastare in concreto la loro decisione. «Ho concluso la gravidanza, ma non sono riuscita a vedere mio figlio. Appena nato, senza lasciarmelo abbracciare me l’hanno portato via. È stato dato in adozione». Uno choc terribile.
Ora si cerca un happy end, per quanto si possa immaginare un’espressione del genere in questo contesto.

Dove le ragioni viscerali della vita e le scintille dell’amore cozzano contro le convenienze e le forme dell’esistenza di provincia, appartata e tranquilla dentro il perimetro delle buone maniere. «La felicità - spiega la protagonista - è tornata nel mio cuore. Sono di nuovo in attesa di un figlio. Lo abbiamo cercato per metabolizzare la perdita del primo». Lei e lui faranno di tutto per dargli un nome.

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