La battaglia è sempre quella: il corpo della donna. Sul quale, come spesso accade, vorrebbero comandare gli uomini. Ma stavolta la provocazione che viene da un uomo - di quelli importanti che hanno veramente il potere di provocare effetti sociali - potrebbe essere giustamente considerata. Antonio Ricci, il patron di Striscia la notizia, il «diavolaccio» che da una certa parte dell’intellighenzia di sinistra viene considerato come l’origine dei mali della televisione, ieri ha lanciato una sfida: io elimino le veline - dice - se la Rai cancella Miss Italia e il Gruppo Espresso chiude i giornali pieni di donne svestite. Il tutto nasce dall’annuncio ufficiale, avvenuto ieri pomeriggio, della fine del matrimonio tra Salsomaggiore e Miss Italia: insomma dopo quarant’anni il concorso che elegge la più bella della penisola non si svolgerà più nella cittadina emiliana perché il Comune non ha più soldi da investire nella manifestazione. Questo non vuol dire che il concorso, trasmesso da Raiuno a metà settembre, verrà chiuso: semplicemente cambierà ubicazione.
Ricci ha preso la palla al balzo per mettere benzina sul fuoco. Da tempo porta avanti una battaglia a difesa del suo concetto di «utilizzo» della donna in Tv contro la visione di una certa carta stampata e di una certa parte politica. Ieri l’ultima provocazione: rinunciare al concorso estivo Veline 2011, cioè niente show itinerante per tutta la Penisola alla ricerca delle nuove ragazze da far ballare sul tavolo di Striscia (programma che realizza altissimi ascolti e porta un sacco di soldi). In più, un patto: il Tg satirico a partire dalla prossima stagione eliminerà completamente le veline (le titolari ora sono Costanza Caracciolo e Federica Nargi) dal cast. In cambio Ricci «chiede alla Rai di cancellare dal palinsesto la prossima edizione di Miss Italia, programma dove la donna per antonomasia è militarizzata e al Gruppo Espresso di rinunciare alle sue due veline: il settimanale D-La Repubblica delle donne e il mensile Velvet, dove la dignità delle donne è ridotta da sempre ad attaccapanni. Se entro settembre niente sarà cambiato, Striscia la notizia, dopo aver dimostrato le proprie migliori intenzioni, riconfermerà le veline (Costanza e Federica) in carica quest’anno». Stranamente l’agenzia Ansa, nel riportare la notizia, ha omesso di citare le testate del gruppo di De Benedetti.
Comunque, quella di Ricci è destinata a rimanere pura provocazione. Né la famiglia Mirigliani (da sempre organizzatrice della manifestazione) ha alcuna intenzione di chiudere il concorso né la Rai (anche se da tempo nella Tv di Stato si levano dubbi sulla kermesse sia dal punto di vista editoriale che economico) ha deciso di sospenderne la trasmissione. Né tantomeno i gruppi editoriali rinunceranno ai propri rotocalchi carichi di pubblicità e di soldi, anzi la proposta di Ricci non farà altro che scatenare una campagna più intensa contro di lui. Però, sarebbe già un successo se qualche dirigente prendesse in considerazione di modificare show che a qualsiasi titolo e sotto qualsiasi scusa di «eleganza» mettono in mostra donne seminude e mute (fingendo di mostrarne anche abilità come ballare, cantare o dire qualche sciocchezza). Stesso discorso vale, ovviamente, per i giornali che su una pagina pubblicano foto indecorose e su quella successiva si indignano per come viene insultata l’immagine della donna.
La diatriba sulla questione va avanti da anni tra il patron di Striscia e alcuni giornali di sinistra: i secondi fanno partire da Drive in (programma storico di Ricci) l’origine di tutti i mali e della errata immagine femminile in tv. Ricci ha sempre ribadito che le veline nascono proprio come parodia delle donne oggetto sbattute in prima pagina da Espresso e Panorama, che non sono mai state coinvolte in scandali e che hanno facoltà di parola (ogni tanto). Il tutto è sfociato nelle settimane scorse in un servizio confezionato da Striscia Il corpo delle donne 2 (sulla falsariga dell’originale della Zanardo) in cui si mettevano in fila le pagine dei rotocalchi e trasmesso da Matrix con conseguente fuoco di fila di polemiche.
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