«Sfruttavano la prostituzione»: la Henger e Schicchi condannati

L’attrice è stata processata con l’ex marito: quattro anni e due mesi a lei, sei anni a lui. L’accusa è di aver creato un giro di ragazze provenienti dell’est europeo per spettacoli hard

«Sfruttavano la prostituzione»: la Henger e Schicchi condannati

Andrea Acquarone

da Milano

In aula non si sono visti. Né lei, la bionda ungherese dalle forme rotonde e nervose capaci di ammaliare grandi e piccini; né lui, il marito-manager, il pigmalione delle signore a luci rosse.
A Roma ad attendere Eva Henger e Riccardo Schicchi, ieri mattina c’erano i giudici della IX sezione del tribunale penale. E non per uno show privato. Stavolta si doveva «registrare» l’ultimo capitolo del processo in cui l’ex diva dell’hard (ma non definitela così perché se no s’arrabbia) insieme col consorte, vestiva i panni dell’imputata. Entrambi accusati di aver organizzato una sorta di traffico della prostituzione. Secondo i magistrati avrebbero favorito l'ingresso in Italia di giovani donne provenienti dall'Est destinate ad essere immesse nel mercato del sesso mercenario.
Un’imputazione che la maliarda trentatreenne riciclatasi da pornostar a (presentabile) presentatrice, finora, aveva sempre trascurato. Un’inchiesta che, del resto, tra rinvii e audizioni, andava avanti ormai da oltre sei anni. E dalla quale la conturbante Eva, si «sentiva estranea». Lo ammette senza mezza termini uno dei suoi due difensori, l’avvocato romano Riccardo Ruggero. «Mi ripeteva sempre: “Che vuoi che mi possa accadere, io in questa storia non c’entro niente”.
I giudici l’han pensata, o meglio, giudicata, diversamente. Condannando a sei anni di reclusione Schicchi e a quattro la Henger. Non gli unici a finire nei guai. Oltre a loro, due anni ciascuno li hanno rimediati alcuni «collaboratori» della «società»: Francesco Corso, Andrea Della Verde, Andrea Autullo e Antonio Licciardello. Per loro, tuttavia, grazie alla condizionale, pena sospesa. Sono stati invece assolti Diomede Castaldo e Alfredo Pelliccia. Con formula piena, ovvero per non aver commesso il fatto.
La Corte ha così parzialmente accolto le richieste del pm Andrea Padalino Morichini. Agli imputati, a seconda delle posizioni processuali, venivano contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla violazione della legge sull'immigrazione e sfruttamento della prostituzione. Solo Schicchi e la Henger, difesa dagli avvocati Riccardo Ruggero e Antonio Cardamone, sono però stati condannati per il reato associativo.
L'inchiesta era partita nell'inverno del 1997 dopo un controllo della polizia in un night club romano, il «Dafne». Un’operazione di routine destinata, però, ad aprire uno squarcio ben più ampio sul mercato del sesso mercenario. Secondo l'accusa, Schicchi sarebbe stato il promotore di un giro di prostituzione che si svolgeva in noti locali notturni come l'«Elite», il «Pegasus», il «Dame», il «Dream Games», il «Sexi Games» e il «Blue Moon». Dagli spogliarelli alle alcove il passo era breve.


Una decina le ragazze coinvolte, protette dall’ombra della famosa agenzia di collocamento di artiste, la «Diva Futura srl». Quella di Riccardo Schicchi, la stessa che lanciò la valchiria Eva, la ragazza dell’Est divenuta sua moglie. Come dire: soci in amore. E in affari.

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