«Per sfuggire a Monti, le aziende altoatesine scappano in Svizzera e Austria»

Lo rivela il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder: «Le misure del governo stanno spingendo alcune aziende a trasferirsi oltreconfine». Il governatore pensa che la manovra di Monti non sia sufficiente e saranno necessarie «nuove misure: faremo la nostra parte, ma vogliamo servizi migliori»

Sacrifici per tutti. O quasi. In alcune parti d'Italia, fatta la legge, si procede all'inganno. Vizio tipicamente italiano, si direbbe. Ma forse no, visto che stavolta a cercare scampo dalla crisi e (ancor di più) dalle manovre del governo Monti, sono i titolari di alcune aziende che fanno del loro «separatismo» il tratto caratteristico. Sta accadendo in provincia di Bolzano, e lo rivela il presidente della Provincia, Luis Durnwalder. «I provvedimenti del governo Monti stanno spingendo alcune aziende altoatesine a trasferirsi in Austria o Svizzera», ha detto durante il dibattito in consiglio provinciale sul bilancio 2012. Il governatore ha annunciato per domani una seduta straordinaria della giunta.
Durnwalder ha espresso disponibilità contribuire alla crisi, ma ha anche chiesto che lo Stato tratti con la Provincia «a pari livello». «Sono convinto - ha detto - che il provvedimento preso adesso non sia sufficiente, e che saranno necessarie altre misure». Il governo dovrebbe cedere delle competenze alla Provincia di Bolzano. «Se dobbiamo fare sacrifici vogliamo almeno dei servizi migliori», ha affermato Durnwalder.
Rispondendo all'opposizione di lingua tedesca, che aveva risollevato la richiesta di autodeterminazione dell'Alto Adige, Durnwalder ha sosstenuto che «non dobbiamo creare nuovi confini, ma superare quelli esistenti: nessuno prenderà mai sul serio questo tipo di proposte, ed è sbagliato creare illusioni. Secondo i recenti sondaggi solo il 14 per cento vorrebbe uno Stato autonomo».

In merito all'accordo di Milano, Durnwalder ha sottolineato che l'autonomia finanziaria viene regolata con legge semplice, e che l'accordo, che vale molto, essendo stato firmato da un ministro ha ancora valore: «Noi ci batteremo per i nostri diritti e nulla ci verrà tolto».

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