Si definiscono pacifisti ma sono seminatori d’odio

La grande paura israeliana, il sospetto che ha spinto il governo di Benjamin Netanyahu a mandare gli incursori della marina a bloccare il convoglio in navigazione verso Gaza si nasconde dietro la sigla Ihh. Le tre lettere, abbreviazione dell’organizzazione umanitaria turca «Insani yardim vakfi», ovvero «Fondo di aiuto umanitario», sono per l’intelligence israeliana il simbolo dei legami sempre più profondi tra i fondamentalisti di Hamas e i gruppi islamici turchi. E non soltanto per le foto che documentano l’incontro del 2009 a Damasco tra Bulent Yildirim, fondatore e capo indiscusso di Ihh, e il segretario generale di Hamas Khaled Mashaal. Più di quelle foto preoccupano il tentativo della «Ihh» di espandersi da Gaza alla Cisgiordania e gli antichi legami con esponenti della jihad internazionale, tra cui alcuni militanti transitati dalla moschea milanese di via Jenner ai campi di battaglia di Bosnia, Afghanistan e Cecenia. Preoccupazioni diventate sempre più assillanti quando l’Ihh ha assunto il coordinamento dei cosiddetti «pacifisti» confluiti a Cipro mettendo a disposizione della flotta per Gaza tre navi pagate con i propri fondi.
Gli italiani dell’«Onlus Abspp» o del «Comitato Gaza vivrà», gli inglesi del «Palestinian return centre», gli austriaci dello «European-Palestinian Council Koordination Forum zur Unterstützung Palestina» e gli svizzeri di «Droit pour tous» - tanto per citare alcuni dei partecipanti - si sarebbero insomma ritrovati sotto il controllo di un’organizzazione con un preciso obbiettivo politico. Dietro le attività umanitarie dell’Ihh si cela, secondo l’intelligence israeliana, l’intenzione di provocare gravi incidenti, allargare il fossato tra la Turchia e Israele e contribuire all’isolamento d’Israele. Un programma politico confermato dalla stessa Ihh con il profetico monito a Israele pubblicato sul proprio sito il 23 maggio. «Gestite bene questa crisi perché se ci fermerete rimarrete isolati e vi farete del male da soli». Quell’«avvertimento» alla luce dei fatti della scorsa notte acquisisce, dal punto di vista d’Israele, il sapore di una provocazione attentamente studiata. Non a caso l’operazione iniziale degli incursori israeliani si concentra proprio sulla «Mavi Marmaris», l’ammiraglia delle tre navi sponsorizzate dalla Ihh trasformata nel centro comando della spedizione. Dietro alla Mavi Marmaris, da cui distribuivano ordini i capi e i militanti di Ihh navigavano altri due mercantili carichi di aiuti sponsorizzati dall’Ihh.
Per meglio capire le preoccupazioni israeliane bisogna anche sfogliare un dossier pubblicato nel 2006 dall’Istituto danese di studi internazionali. Secondo il dossier, firmato dall’analista americano Evan Kohlman, l’Ihh oltre a fornire appoggi all’insurrezione irachena è nel mirino dell’antiterrorismo turco fin dal 1997 quando una perquisizione del suo quartier generale di Istanbul portò alla scoperta di armi, esplosivi, istruzioni per confezionare bombe e documenti che collegavano l’organizzazione a militanti impegnati in Bosnia, Cecenia e Afghanistan. Ulteriori prove emergono da un memorandum del 1996 dell’Uclat, il centro di coordinamento francese d’antiterrorismo. Secondo quel dossier Bulent Yildirim, il fondatore di Ihh, era direttamente coinvolto nel reclutamento di volontari dell’internazionale islamica. Sospetti comprovati - stando al rapporto - dalle numerose telefonate intercettate tra Yildirim e i militanti della moschea milanese di via Jenner impegnati negli anni Novanta sui fronti della Bosnia.
Le attività più preoccupanti per gli israeliani sono però quelle svolte direttamente a Gaza. Secondo «Intelligence.org», un sito molto vicino ai servizi di Gerusalemme, l’ufficio aperto dall’Ihh a Gaza non solo coordina gli aiuti ma li concorda preventivamente con i capi di Hamas. Questi rapporti sempre più stretti hanno portato nel gennaio 2009 all’incontro a Damasco tra Bulent Yildirim e il riconoscente segretario generale di Hamas Khaleed Meshaal. Parallelamente a quell’incontro l’Ihh espande le sue attività in Cisgiordania trasferendo fondi e aiuti alla «Società islamica di carità» a Hebron e alla «Società di carità Tadhamun» di Nablus, due organizzazioni controllate da Hamas e messe fuorilegge da Israele.

A rendere più sospetta l’attività della Ihh contribuiscono i suoi legami con la «Union of Good» una confederazione di organizzazioni umanitarie islamiche a cui nel novembre 2008 il dipartimento del Tesoro americano ha congelato tutti i fondi dopo aver trovato le prove del «trasferimento di milioni di dollari alle associazioni consociate con Hamas».

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