Per comporre un testo come quello che Marcello Foa ha scritto (Gli stregoni della notizia. Da Kennedy alla guerra in Iraq: come si fabbrica informazione al servizio dei governi, Guerini e Associati, pagg. 234, euro 21,50) occorrono tre qualità: coraggio, mestiere e curiosità.
Sul suo coraggio il giudizio lo daranno i politici con il loro silenzio o la loro attenzione per queste pagine così illuminanti sull’ipocrisia del potere e suoi rapporti con l’informazione. Quanto al mestiere, Foa ne ha da vendere. Segue il consiglio di un saggio indiano che pone a divisa del suo libro, e che dice: «Per conoscere la corrente di un fiume chi vuole la verità deve entrare nell’acqua». Nell’acqua, o piuttosto nell’acquitrino del connubio fra media e potere, Foa entra con questo «manuale» di oltre 200 pagine di «istruzioni per l’uso» del mestiere di giornalista. Il suo scopo è spingere ad attivare il cervello per proteggerlo dal bombardamento dell’informazione disinformata e sottrarlo alla pigrizia del conformismo.
Essendo la curiosità l’antidoto principale alla passività intellettuale del giornalista, Foa usa la sua - stimolando nel processo anche quella degli studenti dell’Osservatorio europeo del giornalismo che ha contribuito a creare all’Università della Svizzera italiana a Lugano, dove insegna - per guidare il lettore nei labirinti del Quarto Potere. Quel potere che i media si arrogano senza controllo istituzionale, che i politici temono, lusingano e disprezzano, al tempo stesso, denunciando l’uso arbitrario che ne viene fatto anche nella democrazia, dove il potere ha imparato a manipolare in maniera scaltra e spregiudicata l’informazione a proprio beneficio, non meno che nelle dittature.
Il libro è strutturato in tre parti. I due primi capitoli trattano dell’evoluzione storica e socio-economica del contesto in cui si è sviluppata la professione degli «spin doctors» gli stregoni della comunicazione. Il terzo e quarto capitolo - i più avvincenti per il lettore non specializzato - rappresentano il meglio di un’inchiesta giornalistica nei meandri del sistema manipolatorio dell’informazione politica in America e in Gran Bretagna. La descrizione pittorica dei suoi principali «eroi» - governativi e privati - rivela la potenza nascosta, preoccupante, di quanto avviene nel campo dell’informazione in società che si vogliono trasparenti e democratiche. Personaggi come l’americano Karl Rove e l’inglese Alastair Campbell, rispettivamente consiglieri del presidente Bush e del premier Blair o di società private immensamente influenti come la Rendon negli Stati Uniti, si sono trasformati in manipolatori irresponsabili ogni volta che si affievolisce il controllo di un giornalismo coraggioso, competente e responsabile.
Il settimo capitolo - sull’Europa contemporanea - mostra gli ostacoli che paradossalmente la debolezza dell’opinione pubblica, la sfiducia dei cittadini nei propri governi, la dipendenza partitica dei mezzi d’informazione crea ai maghi dell’informazione e della disinformazione nel Vecchio Continente e fuori di esso. Il fenomeno è troppo esteso per poter essere ignorato. Comprenderlo e denunciarlo diventa indispensabile per la sanità dell’informazione, per combatterne l’insidia della manipolazione subdola, opaca e irresponsabile. Non è un compito impossibile. Le tecniche usate dagli «spin doctors» non sono bacchette magiche. Sono strumenti inventati dall’uomo.
In ultima analisi - diceva Madre Teresa - il problema è sapere con chi e perché si dialoga: con noi stessi o con Dio.
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