Siccità, il Nord è un deserto Bruciano campi e colture

Fiumi e laghi a secco. In crisi il settore agricolo: si parla di un miliardo di danni. Piemonte e Lombardia chiedono lo stato di calamità naturale

Manila Alfano

Un caldo che spaventa, che ritorna. Peggio di quell’estate del 2003 diventata ormai il termine di paragone per indicare le peggiori estati. Le temperature che ci stanno riportando alla memoria quella terribile calura di tre anni fa, arrivate con un mese di ritardo rispetto ad allora, fanno temere il peggio. Gli effetti dell’alta pressione si stanno facendo sentire in modo sempre più pesante: livelli al minimo storico nei principali laghi, fiumi ridotti a pietraie dal caldo e da un sole tropicale, i raccolti andati in fumo e le mucche, stressate dall’afa, che hanno smesso di dare latte.
Allarme deserto. Lombardia e Piemonte chiedono lo stato di calamità naturale. La Confederazione italiana agricoltori fa i conti e dice che la siccità causerà un miliardo di danni. Si prevedono aumenti di prezzi in tutto il settore alimentare.
È questo l’ultimo bollettino di un’estate ancora nel segno dell’emergenza siccità che fa boccheggiare uomini e animali e mette a rischio l’agricoltura. Se il Ticino a Pavia, all’altezza del Ponte Coperto è sceso a 4 metri e 71 centimetri sotto lo zero idrometrico, e il Piave ha un’autonomia di un paio di settimane, il Po ormai è sull’orlo del collasso. Lo dice il segno meno piazzato davanti ai metri che indicano i livelli dell’acqua: i 7,49 metri sotto zero idrometrico registrati alle 18 di domenica a Pontelagoscuro in provincia di Ferrara, sono il sintomo più grave della malattia. Il minimo storico: il precedente record di - 7,12 metri, sempre a Pontelagoscuro, risaliva proprio al torrido 2003 quando per colpa dei troppi condizionatori accesi contro il caldo l’Italia intera era rimasta al buio. Il Po comincia ad assomigliare a un torrente in secca. In poche parole l’acqua è ferma, con un primo grave rischio: quello dell’«infezione» portata dal risucchio dell’acqua di mare nella zona del delta. «Una siccità che è tra le peggiori degli ultimi 30 anni e che sta provocando centinaia di milioni di danni in campagna». Un quadro allarmante lanciato dalla Coldiretti in base all’ultimo monitoraggio sugli effetti del caldo. «Ora si spera nella pioggia per assicurare acqua alle coltivazioni di granoturco, riso, soia, e ai foraggi necessari per l’alimentazione del bestiame». Secondo la mappa dell’emergenza caldo della Coldiretti in Lombardia la situazione è particolarmente critica nel Milanese e nel Lodigiano dove sul territorio attorno al capoluogo, con una diffusione a macchia di leopardo, si è verificato un danno che in media raggiunge il 40 per cento della produzione lorda vendibile di cereali, riso e foraggi per un valore di quasi 28 milioni di euro di colture. Situazione che preoccupa anche in Emilia Romagna dove gli agricoltori dovranno tener conto, oltre che dei danni alle colture nei diversi territori con percentuali variabili dal 20 al 40 per cento, anche dei forti aumenti nei costi del gasolio per attivare i sistemi di irrigazione. Particolarmente grave è la situazione nelle regioni del Nord Ovest e in Friuli Venezia Giulia, dove si stima già che il valore del danno ammonti a cento milioni di euro. Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Paolo De Castro ieri ha annunciato il via libera al Piano irriguo nazionale che prevede finanziamenti per un miliardo e seicento milioni. La commissione Ambiente della Camera, intanto, è partita ieri in missione per verificare le condizioni del Po. Non se la passano meglio i laghi alpini. Il Lago Maggiore, secondo l’elaborazione dei dati di Coldiretti, ha raggiunto il suo minimo storico, mentre i laghi di Como e di Iseo sono rispettivamente a 20 cm (-2,7 cm di altezza idrometrica) e a 25 cm (-2,1 cm) di altezza idrometrica.


È ormai piena emergenza anche nel Veneto Orientale, dove buona parte delle acque dei fiumi Tagliamento, Livenza e Lemene è resa inutilizzabile a fini irrigui dall’alto tasso di salinità, causato dalla risalita del mare lungo gli alvei, registrato fino a oltre dieci chilometri dalla foce. «Speriamo che si possano sbloccare rapidamente le risorse del Piano irriguo nazionale», ha detto il ministro De Castro, rispondendo alle aspettative degli agricoltori.

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