Signorine «buttadentro» per riempire di clienti le boutique grandi-firme

Appunti per un ipotetico extraterrestre che voglia tentare di capire le donne (almeno un certo tipo di donne) del nostro pianeta.
Appunto 1: «Sara Marelli, 21 anni, si è messa in fila alle 4 davanti al negozio H&M in piazza San Babila a Milano che vendeva, eccezionalmente a prezzi modici, i costosissimi prodotti (scarpe e accessori) disegnati da Jimmy Choo».
Appunto 2: Dichiarazione choc (raccolta dall’agenzia Ansa) della suddetta signorina Sara Marelli: «Sì, sono in coda dalle 4 al freddo e al gelo. Pentita? Niente affatto. Non posso non avere il sandalo borchiato, le ballerine e i bracciali griffatti Jimmy Choo».
Caro alieno proveniente da un mondo lontano, occhio all’ultima frase («Non posso non avere il sandalo borchiato, le ballerine...»); dietro di essa si nasconde infatti l’essenza della nostra società dei consumi, alla faccia della crisi economica (vera o presunta) e dei piagnistei finanziari (più o meno ipocriti). Sta di fatto che la veglia notturna davanti ai negozi H&M, famosa catena svedese di moda low cost, diventerà materia per antropologi dello shopping.
Intanto gli esperti del ramo trend & glamour, dopo attenta analisi, sentenziano quanto segue: «Anche nella moda la crisi ha molte facce: non è calata la voglia di griffe, tutt’altro, piuttosto sono out i suoi prezzi». Da sottolineare la raffinatezza del linguaggio, con particolare riguardo alle espressioni «...voglia di griffe» e «...sono out».
A riprova della fondatezza del fashion-pensiero ricordiamo la fila che dalle 2 di notte a Milano si è formata in piazza San Babila. Quando il negozio ha aperto i battenti, alle 10, c’erano mille persone in coda per riuscire a comprare gli accessori di Jimmy Choo (amatissimi anche dalle ragazze di «Sex And The City») disegnati appositamente per H&M. Stesso successo a Roma, Firenze e nelle altre principali città italiane.
Ma quanto è accaduto nel capoluogo lombardo, ha prodotto un effetto-marketing dai risvolti tragicomici: il negozio H&M è stato preso d’assalto da donne che sognano di chiamarsi Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte, ma che invece sono registrate all’anagrafe con nomi da casalinghe disperate, tipo Addolorata, Carmela, Lucia e Rocchina; nelle stesse ore nella centralissima boutique di Jimmy Choo (scarpe a 500 euro, dieci volte di più rispetto a quelle in vendita da H&M) non c’era praticamente nessuno. Deserti anche tutti gli altri show room di via Montenapoleone e dintorni.
Ed ecco servito il paradosso: mentre in piazza San Babila ci volevano i buttafuori per arginare la ressa davanti alle vetrine H&M, i negozi più blasonati del quadrilatero della moda milanese sono costretti ad ingaggiare le «buttadentro». Roba che poteva venir fuori nella città delle grandi passerelle. Si tratta di una nuova figura «semi-professionale», più raffinata dei cosiddetti «acchiappavip», molto usati qualche anno fa per rimpolpare di personaggi famosi gli spettacoli televisivi e gli eventi mediatici. Spiega una tizia che «piace alla gente che piace»: «Sono signore della buona società, qualcuna si considera una pierre ma qualcun’altra fa solo la sciura a tempo pieno. Hanno giri di conoscenze che si inanellano nei vari ambienti borghesi, ma hanno soprattutto la disinvolta capacità di agguantare chiunque, la mamma del compagno di scuola del figlio come la moglie del collega del marito». Insomma, una razza pericolosissima...
Per comprendere le sue origini non mancano colti rimandi storici: «Così come la moda made in Italy, ai suoi albori più di 30 anni fa, assoldò le dame milanesi (anche perché erano le uniche a sapere le lingue e ad avere tempo e nulla da perdere in un mestiere nuovo) trasformandole in potenti capi uffici stampa, analogamente oggi la crisi della moda usa le sciure per tappare le falle».
L’identikit della perfetta «buttadentro»?: «La suadente moglie di un noto commercialista milanese ha fatto un giro di telefonate e ha trascinato le amiche e le conoscenti da Yves Saint Laurent, promettendo un pomeriggio di shopping al 50%. Sì, proprio a metà prezzo, a patto che non si spenda meno di 3-4 mila euro».
Un altro esempio? «Le collezioni autunno-inverno giacciono quasi intonse su stendini e scaffali ed ecco che Chiara, marito medico, propone un esclusivissimo e assolutamente irripetibile giro in una nota boutique.

Una blasonata griffe franco-italiana di scarpe vuole farsi conoscere meglio e allora arruola una signora del jet set».
Da oggi siamo tutti in pericolo: una «buttadentro» è già sulle tracce di nostra moglie. Guai a perdere di vista la carta di credito...

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