Silvio e Umberto: "Il nostro è patto d’acciaio"

Il Senatùr: "Capita che qualcuno si monti la testa ma noi due vigiliamo insieme e interveniamo duramente". Il Cavaliere: "La sinistra non si faccia illusioni, finchè resteremo uniti non le resterà alcuno spazio di manovra". Bossi: "Al nord possiamo superare il Pdl"

Silvio e Umberto: "Il nostro è patto d’acciaio"

Milano - Il grande abbraccio. Nella «loro» Milano. Nella «loro» Lombardia. Quell'abbraccio che si rinnova ogni volta che incontri un amico, con cui ti intendi al volo. Con un'occhiata o un cenno del capo. Sono passate da poco le 19 quando Silvio Berlusconi fa il suo ingresso al Palaghiaccio di Milano e stringe in rapida successione le mani che si allungano per salutarlo con affetto.
Al centro, davanti al palco, che da lì a poco accoglierà il breve comizio di Guido Podestà c'è lui, Umberto Bossi, completo grigio, camicia azzurra. E quel fiore verde di fazzolettino che gli spunta, come sempre, dal taschino della giacca. Lui, l'amico con cui ci si capisce al volo. L'amico da abbracciare per primo. Ma anche l'amico da prendere a braccetto per salire assieme quei pochi gradini e scambiarsi confidenze all'orecchio.

«Ci siamo promessi che se uno dei due va via anche l'altro se ne va e lascia la politica» ribadisce Silvio Berlusconi, aggiustandogli il microfono perché possa lui parlare più agevolmente.
«Solo che - aggiunge il premier - Umberto mi ha detto apertamente che non ci pensa nemmeno a mollare. Col cavolo che me ne vado mi ha detto. Quindi restiamo. Restiamo uniti, uno al fianco dell'altro, spalla contro spalla. La sinistra non si faccia illusioni, il nostro è un patto d'acciaio. Perché fino a quando Lega e Pdl stanno uniti per la sinistra non c'è alcun margine di manovra».

Così, quando Umberto Bossi comincia a parlare per primo e a passare in rassegna gli obbiettivi, dal federalismo fiscale, alla linea dura contro i clandestini, «ottenuti dal governo grazie soprattutto alla nostra unità di intenti, alla capacità di Silvio e mia di lavorare all'unisono», Silvio Berlusconi è lì, ancora una volta, come sempre, accanto a lui. E quasi si protende sul palco per non lasciarsi sfuggire un parola dell'alleato di ferro. E lì che lo ascolta con attenzione e rispetto.

Tornano alla mente, mentre Umberto Bossi parla e celebra il successo del governo, i momenti tristi, i momenti difficili. Gli altri abbracci, che hanno indissolubilmente cementato, in un passato recente, l'intesa fra i due. Quelli, virati di intensa commozione, di Silvio Berlusconi, accorso per primo al capezzale di Umberto Bossi quando la malattia lo mise quasi al tappeto. E tornano ugualmente alla mente le tante altre visite che seguirono. Quando il leader della Lega imboccò finalmente la strada della guarigione e della riabilitazione così come gli appuntamenti fissi, o meglio i briefing della schiettezza e della semplicità a Gemonio, nella casa di Umberto.
«Meno male che Silvio c'è» cantano i ragazzi convenuti al Palaghiaccio ed è come se quelle parole arrivassero puntuali a sottolineare quell'intesa collaudata. Che, come tutte le amicizie più solide, è passata attraverso le difficoltà, qualche volta anche sotto le forche caudine dei malintesi e delle interpretazioni manipolate ad arte. Ma non ci può essere fraintendimento fra due amici sinceri.

È lo stesso Umberto Bossi che, senza giri di parole puntualizza: «Può capitare che qualcuno si monti la testa, che qualcuno si sia messo o si metta in mezzo, magari per avere una poltrona, anche nei nostri partiti. Ma state tranquilli perché ci siamo io e Silvio a vigilare. E quando c'è da intervenire, interveniamo duramente. Come abbiamo fatto sempre, senza mai guardare in faccia a nessuno». Annuisce Silvio. Che lo applaude. Una, due, dieci volte. Che gli fa sentire che c'è, che è lì, accanto a lui. Con la mano sulla spalla. Con quel «Bravo!» scandito, più e più volte. Con quel «Grazie Umberto per la tua amicizia. Grazie di cuore a te e al tuo straordinario coraggio» che Berlusconi regala alla platea prima di congedarsi.
Ma prima che la folla torni ad accerchiare d'affetto i due e a protendere mani e mazzi di fiori c'è ancora il tempo per Umberto e Silvio di stare insieme un po'. Con la delicata sfumatura d'affetto da parte di Berlusconi, di quel ridiscendere a braccetto il palco. Così come insieme l'avevano salito.


E di accompagnare Umberto alla poltrona dell'ospite di riguardo, in prima fila, proprio al centro, davanti al palco. E di riabbracciarlo. Una volta ancora. «In fondo - chiosa Berlusconi - senza il sorriso non vale la pena di vivere la vita».

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