La sindachessa e le assessore A Sant’Agata, la città delle donne

nostro inviato a Sant’Agata Bolognese (Bo)

La città delle donne - per la fortuna di chi ci vive - è ben più piccola di un’autentica città. È appena un corso principale con la pasticceria e il circolo socialista Sandro Pertini, i porticati dove è bello «strusciare», una chiesa per chi ci crede e un pugno di case linde e pinte che ignorano l’oltraggio dei graffiti. Il tutto racchiuso dall'abbraccio di un viale circolare, profumato di tigli, che se tiene lontano il traffico, non ce la fa ad attutire il rombo delle Lamborghini in collaudo, appena uscite dalla fabbrica, là dietro l’angolo. Ma a Sant’Agata Bolognese, luogo natale anche della regina del melodico, Nilla Pizzi - è il bello delle contraddizioni - anche quel rombo è considerato musica.
Qui, tra albicocchi e filari di lambrusco, al confine tra le province di Modena e Bologna, in quelle chiamate Terre d’acqua in memoria del loro passato paludoso, ma divenute a forza di braccia e sudore un fertile frutteto, tirano serenamente avanti, lontane da mode e clamori, le settemila brave anime di Sant’Agata. Artigiani con le mani d'oro e contadini dall'aria saggia, «chirurghi» in tuta blu dei dodici cilindri e doviziose ragazze dalle cosce tornite a forza di pedalare in bicicletta.
Fellini e i suoi sogni carnali tuttavia non c’entrano. Questa è la città delle donne perché dallo scorso giugno, alla guida del Comune, c’è una giunta tutta rosa. Un sindaco riconfermato, Daniela Occhiali (mamma di tre ragazzi e insegnante elementare in aspettativa, l'età non si chiede), più quattro «assessore». In tutto cinque ’zdore, ovvero le reggitrici della casa, come dicono da queste parti. In questo caso, quella comunale. Le hanno volute perdipiù a gran voce, confermano le urne: 2388 i voti della loro lista di centrosinistra, chiamata «Solidarietà Progresso», contro i 1752 dell'altra civica, «Insieme per Sant'Agata». E hanno vinto in sei delle sette sezioni elettorali.
Le assessore sono Giorgia Verasani - 40 anni, la più «vecchia»! - già all'Istruzione e ora vicesindaco; la trentanovenne Francesca Cavrini, di professione dirigente socio culturale e assessore alla Sanità e attività sociali; Fabiana Ferioli, esperta di sementi per l'agricoltura e responsabile di Ambiente e lavori pubblici; e infine la più giovane, la pierre Erika Zambelli, 29 anni, alle Attività culturali. Ed è donna anche il segretario comunale, Rosa Allocca. Di maschi, insomma, nemmeno l'ombra. Altro che quote rosa. «Qui ci vogliono piuttosto quelle azzurre», ironizza la Zambelli.
«Io l’avevo detto, che finivamo sui giornali - scherza il sindaco -. Però lo giuro, anche se deluderò le femministe... ma non mi piace fare scelte a caso. Avevo offerto due assessorati ad altrettanti uomini esperti, che stimavo, Valerio Bonfiglioli e Marco Pizzi. Entrambi, purtroppo per me e buon per loro, hanno però dovuto declinare l'invito per due migliori offerte di lavoro. Così ho scelto ancora per competenza, unico criterio di cui mi fido e che oltretutto penso sia il più apprezzato dalla gente, specie in un posto come questo, dove fortunatamente tutti si conoscono».
In paese, basta chiedere in giro, confermano infatti con un pragmatico refrain, alzando le spalle: «Uomo o donna è uguale, basta governino bene». Ne è convinto anche «Vicinelli Alfonso, nove medaglie d'oro e campione del mondo over 35», si presenta. Uno che a 85 anni fa ancora i 400 metri in 1 minuto e 28 secondi. Ex meccanico, è un fascio di ossa, muscoli e nervi, più due incredibili occhi azzurri e un giovanilistico codino appena brizzolato. Come ogni giorno, a conferma che questa città delle donne dev’essere in fondo un gran bel posto dove vivere, ha atteso il sindaco per regalarle un cioccolatino. «Sa che il Comune... ma no, questo non lo scriva... - aggiunge e poi continua -. Sì, insomma, volevano pagarmi il biglietto per la maratona di New York. Ma io no, non ci sono andato. Perché? Sto così bene a Sant'Agata».
Dietro a lui che conciona, oltre l'antica porta dell'orologio, tra i tigli profumati della circonvallazione, sfreccia ululando una fiammante Lamborghini arancione.

Come tutti i modelli, perché così aveva voluto negli anni Sessanta il fondatore della Casa, il cavalier Ferruccio, anche quel bolide porta il nome di una razza di tori. Sì, di tori, proprio in quella che sarebbe diventata la città delle donne. Perché il destino è come la brava gente di queste parti. Appena può, ama scherzare.

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