Il sindaco Moratti: "Il federalismo farà diventare più ricca Milano"

Intervista al primo cittadino: "Siamo pronti ad assumerci maggiori responsabilità. Noi abbiamo i conti a posto, bilanci disastrosi in altri Comuni"

Il sindaco Moratti: "Il federalismo  
farà diventare più ricca Milano"

Milano - «Non sono pentita dei nostri conti in ordine ma è ora che in Italia venga premiato il merito anche delle amministrazioni pubbliche». Il sindaco di Milano Letizia Moratti, con i vincoli imposti dalla Finanziaria, ha dovuto stringere i cordoni della borsa tagliando 380 milioni di euro di spese da qui al 2011. La Regione Lazio o il Comune di Catania, con bilanci disastrosi, si sono visti premiare con leggi ad hoc che hanno ripianato parte dei loro debiti.
«Guardi che non è un problema di Nord e Sud ma un problema di buona o cattiva gestione».

Brunetta ha voluto e difeso una riforma della pubblica amministrazione che prevede la meritocrazia.

«È la strada giusta ma l’Italia e gli italiani sono pronti per riforme strutturali importanti. Pensi alle pensioni, un tabù da toccare. Aver ricambiato la legge ci è già costato 8 miliardi di euro. Ma il federalismo ci aiuterà».

Bossi sarà felice di leggerla.
«Probabile, ma Bossi non c’entra. Il federalismo aumenterà le responsabilità degli enti locali restituendo coerenza al rapporto tra ricchezza e servizi».

Milano resta un osservatorio privilegiato?
«Milano è Milano. Milano non delega, non è abituata a piangersi addosso, è la città del fare. Anche per questo moda e design abitano qui e qui resteranno. È l’unico posto dove l’idea e la realizzazione della stessa si coniugano. Milano è una città internazionale».

Anche ora?
«Certo, soprattutto ora».

Si riferisce all’Expo?

«Sì, e non solo. Expo è stata una vittoria per la città ed è un grande progetto culturale. Expo significa infrastrutture, made in Italy, una sfida globale e un sogno per i milanesi. A volte anche i sogni sono utili».

Lei si è definita la mamma dell’Expo...
«Il bambino è cresciuto, è ora che viva da solo. Certo, una mamma un’occhiata di controllo ai figli la dà sempre...».

Una città internazionale significa una città multietnica, significa anche islam con le paure che questo si porta dietro.

«Lunedì il ministro Maroni ha fatto un discorso serio. In città vivono 70mila musulmani, dobbiamo tenerne conto».

Moschea sì o moschea no?
«C’è un tavolo di lavoro che sta studiando il caso. Se serve un centro unico, più centri di preghiera, quali criteri adottare. Preferisco aspettare di conoscere tutti i dati prima di esprimermi».

E l’ora di islam a scuola?

«Sono contraria. Al tempo avrei insistito perché nella costituzione europea fossero evidenziate le nostre radici cristiane. E lo dico laicamente. Identità significa essere forti e saper dialogare e rispettare gli altri».

Una città internazionale significa un aeroporto.
«Malpensa non mi ha fatto dormire. Quando scappavano tutti ho deciso che il Comune sarebbe rimasto e avrebbe investito. Niente dividendo - ed erano bei soldi - e un nuovo impegno da 1,2 miliardi proprio mentre Alitalia salutava e volava a Roma».

Lo rifarebbe?
«È stata una sfida vinta. Da Malpensa passa il 70 per cento del traffico internazionale, e il 50 per cento di tutte le merci. È uno dei pochi scali in Europa con i dati in crescita grazie anche alla liberalizzazione degli hub».

Difficile ottenere da Roma il via libera?

«Sì, una battaglia complicata».

Berlusconi l’ha aiutata?

«Con il presidente i rapporti sono ottimi. Da lui massima libertà e aiuto. Un rapporto franco prevede anche la possibilità di avere opinioni differenti. Ma non è questo il caso».

Rapporti ottimi con il premier, ma con i suoi alleati di governo qualche problema in più.

«Per nulla, si figuri che il più delle volte sono proprio io a chiedere di incontrarli, di confrontarci e decidere insieme».

Stanca di stare rinchiusa nella sua torre?
«Ma quale torre, ma quale isolamento... E poi soffro di claustrofobia».

Chi stima tra i suoi colleghi sindaco?
«Chiamparino mi piace, Tosi e Scopelliti anche. Bravissimo è il sindaco di Ragusa, Nello Dipasquale».

Chi invidia dei sindaci del passato?
«Se devo fare un nome Carlo Tognoli, ma non mi piace avere riferimenti».

Oggi in consiglio comunale farà il punto sui suoi tre anni da sindaco. Parte la campagna per la sua rielezione?
«No, si tratta solo di illustrare ai milanesi che cosa abbiamo fatto in questi anni. Un lavoro profondo che solo ora comincia a essere compreso».



Tre temi qualificanti del suo mandato?
«La sicurezza della città, non solo in senso stretto ma nelle sue diverse declinazioni, quali ad esempio la cultura e l’accoglienza; la semplificazione dei servizi ai cittadini; e la difesa delle eccellenze che Milano continua a produrre».

Ha fatto molti errori?
«Sì, come tutti».

Il più grave?

«Non aver scelto prima il direttore generale del Comune».

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