Laura Cesaretti
da Roma
Una vittoria di misura: è il massimo che il centrosinistra si concede di sperare, alla vigilia del voto referendario sulla riforma costituzionale.
La certezza del trionfo del No non cè più: «Abbiamo sbagliato a darlo troppo presto per scontato», ammettono anche nellentourage prodiano. «I partiti si sono mossi tardi», si lamenta il ds Franco Bassanini, animatore del No ad oltranza. Il ministro dei Rapporti col Parlamento Chiti prova a correre ai ripari: dopo il voto bisogna comunque tornare a dialogare sulle riforme, scrive sul Corriere della Sera. «Come primo passo - annuncia - intendo portare in Parlamento la modifica dellarticolo 138 della Costituzione, innalzando il quorum necessario per le modifiche della Carta. Una scelta indispensabile per evitare che la Costituzione venga cambiata a colpi di maggioranza».
Che ci sia una certa «preoccupazione» lo spiega chiaramente il professor Stefano Ceccanti, costituzionalista, ulivista e promotore con altri (Barbera, Morando, Chiaromonte, DAmico, Mafai, Debenedetti) del manifesto per un «No dialogante» che si oppone al «No conservatore»: «Chi è andato in giro per lItalia a fare la campagna referendaria ha visto quanto è forte la domanda di innovazione, soprattutto al Nord, e si è reso conto che il risultato sarà a macchia di leopardo». La sua previsione è che al Sud ci sarà bassa affluenza e una prevalenza di No, al Centro unaffluenza alta grazie alle regioni rosse con la vittoria netta del No, al Nord-est un trionfo del Sì e al Nordovest un testa a testa.
«Spero che il No prevalga», dice il liberal ds Enrico Morando, presidente della commissione Bilancio del Senato. «Ma solo nelle ultime due settimane la campagna del centrosinistra, o almeno quella di Ds e Margherita, si è messa su un binario più produttivo: prima ha prevalso solo la linea del la Costituzione del 48 non si tocca, che certo non è particolarmente attraente per lelettorato e che ha messo a rischio il risultato del referendum». Il centrosinistra «è sembrato arroccato su una posizione di mera conservazione, in difesa di un ordinamento palesemente invecchiato». Anche perché, fa notare Morando, si tratta di una posizione «certo legittima, ma palesemente sterile», e per di più contraddittoria: «In realtà la Costituzione del 48 è già stata fortemente toccata, e proprio dal centrosinistra, con la modifica del Titolo Quinto».
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