Roma - La preannunciata nota della Cei sui Dico è arrivata, pesante come si prevedeva, forse di più. E il riflesso pavloviano della sinistra è altrettanto prevedibile e duro. «Inaccettabile ingerenza», «inumana omofobia», «brutale razzismo antigay», «crociata intimidatoria», «atto illiberale», sono alcune delle irate reazioni dell’Unione.
Naturalmente, è soprattutto dalle frange estreme che si alzano i toni, mentre l’Udeur applaude la Cei e la Margherita vede il bicchiere mezzo pieno, con il ministro per la Famiglia Rosy Bindi che difende i «suoi» Dico e vede nell’intervento dei vescovi un «apporto al dialogo» e il collega dell’Istruzione Giuseppe Fioroni, convinto che il ddl non sia in contrasto con l’insegnamento cattolico. Ma per il vicepresidente Ds del Senato Gavino Angius ormai c’è «un aperto conflitto tra Stato e Chiesa che colpisce i principi costituzionali».
Il numero uno della Camera, Fausto Bertinotti, è più cauto e parla di «dibattito utile», ma ribadisce con chiarezza: «Bisogna avere l'ambizione di realizzare ogni giorno la laicità dello Stato per costruire la storia delle istituzioni su valori autonomi». Va bene il rispetto per la religione, cattolica in particolare, aggiunge, e la libertà delle gerarchie ecclesiastiche al potersi esprimere», ma per garantire una «pacifica convivenza» ci vogliono dei paletti. «Resta fermo - avverte Bertinotti - il dovere delle istituzioni a difendere la propria laicità, che altrimenti facendo farebbe aprire un vulnus, dovendo ammettere che la Costituzione non esprime valori capaci di fondare su di essi la facoltà autonoma del legislatore, divenendo elemento di fortissima delegittimazione».
Il centrodestra compatto difende, invece, la posizione dell’episcopato. Per Claudio Scajola di Fi non c’è nessuna «guerra santa» dei cattolici, ma è troppo facile approvare i vescovi quando parlano di pace e attaccarli se difendono la famiglia. «La Chiesa - afferma - ha il dovere di richiamare i cattolici impegnati in politica alla coerenza tra il proprio impegno pubblico e i valori a cui fanno riferimento. Non si può predicare bene e razzolare male». Maurizio Gasparri di An sottolinea che la nota è vincolante per chi sostiene politiche in difesa della famiglia. «Una nota che spazza via ogni ambiguità e che soprattutto invita alla coerenza politici e non solo». E Luca Volontè dell’Udc esprime «piena sintonia con la nota della Cei.
La maggioranza deve fare i conti con le sue contraddizioni, che il richiamo dei vescovi fa esplodere. L’Udeur è l’unico partito della coalizione che nel governo ha detto no ai Dico e annunciato il voto contrario in Parlamento e ora fa sapere che non ci possono essere cattolici «a tempo determinato», mentre il Campanile è «ogni giorno impegnato laicamente a testimoniare la propria ispirazione in politica e nella società». «Oggi - dice una nota - non ci sentiamo soli». Enzo Carra, parlamentare cattolico della Margherita, spiega che i teodem «in piena autonomia» già si stanno muovendo nella direzione indicata dalla Cei. Il segretario dello Sdi Enrico Boselli, invece, è furioso per l’intervento della Cei: «Manca solo la scomunica». E se la prende con la «debole» reazione dei Ds preoccupati «che lo scontro con la Margherita su questi temi ostacoli il cammino verso il Partito democratico». In effetti, non è facile neppure conciliare il ministro Verde dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio che accusa la Cei di alzare «steccati ideologici», con Paola Binetti o il ministro radicale per le Politiche europee Emma Bonino che attacca il «pesante intervento» dei vescovi con Clemente Mastella.
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