Roma - Pd da una parte, Lista unica Fi-An dall’altra: professor Roberto D'Alimonte, secondo lei è il segnale del cambiamento definitivo per la politica italiana?
«Premesso che in Italia non c’è nulla di definitivo è senza dubbio un segnale importante e significativo perché arriva a semplificare il quadro politico. Se vogliamo analizzare questa nuova situazione con una certa ironia credo si possa dire che si sono ottenuti già in questo modo virtuosi effetti sul sistema dei partiti. Una trasformazione che ci saremmo aspettati dopo la riforma della legge elettorale. In buona sostanza le scelte fatte dai due maggiori schieramenti politici, riducendo la frammentazione dei partiti, hanno anticipato almeno una parte di questi effetti virtuosi».
Qualcuno insinua il dubbio che sia solo strategia dettata dalla congiuntura politica?
«Le strategie in una campagna elettorale ci sono, è ovvio ma mi sento di dire che siamo finalmente di fronte a una presa di coscienza dei partiti. Indubbiamente è stato il Pd a dettare la linea ed è un dato di fatto che la mossa di Veltroni ha costretto Berlusconi, che forse fino all’ultimo non era convinto che il Pd avrebbe corso da solo, a muoversi in una direzione analoga».
Ma visto che ci siamo appena detti che in Italia nulla è definitivo...
«Siamo un Paese volatile confermo, ma subito mi contraddico arrivando a ritenere che questa volta sia stato compiuto un passo in avanti importante che sarà molto difficile da cancellare. Non oso e soprattutto non posso credere che, correndo alle elezioni in una lista unica, Forza Italia e Alleanza nazionale poi, una volta entrati in Parlamento, si dividano, formando due gruppi parlamentari distinti. Sarei sconcertato da un simile comportamento e lo sarebbero, mi creda, anche gran parte degli elettori di questi partiti».
Forza Italia e An insieme significano, per lei, attento analista politico, anche qualcosa d'altro?
«È un dato di fatto che l’abbinamento Fi-An apre la strada all’ingresso di Alleanza nazionale nel Partito popolare europeo, che poi sarebbe il passo conclusivo del percorso di evoluzione intrapreso dalla destra. E con l'ingresso di An nel partito popolare europeo verranno a cadere anche le ragioni che impediscono a Casini di riavvicinarsi...».
Dopodiché con la riforma elettorale...
«La riforma elettorale, con un grande partito di centrosinistra e una grande partito di centrodestra potrà finalmente irrobustire un bipolarismo virtuoso alla spagnola. Forse sto sognando, ma a volte è giusto anche sognare. E Berlusconi può anche farci sognare...».
Torniamo alle frammentazioni, queste elezioni sono la pietra tombale sui partitini?
«Diciamo che a sinistra la Cosa rossa è una necessità, la devono fare per superare le soglie di sbarramento. Occorrerà vedere se ci saranno effetti a cascata anche sul territorio, mentre a destra Berlusconi sta riducendo i simboli che appariranno sulle future schede elettorali ma salva nel contempo l'identità delle piccole formazioni offrendo loro ospitalità nelle sue liste. Forse il quadro è più incerto a destra ma personalmente debbo dar credito a Berlusconi che sta facendo un’opera di semplificazione notevole».
Si sente di confermare le sue previsioni sulla vittoria del
«Direi proprio di sì, alla Camera non c’è partita. Quanto al Senato se è vero che i numeri e le proiezioni andranno affinati giorno dopo giorno è anche vero che il risultato finale non mi sembra in discussione».
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