Sme, Boccassini non accetta l’assoluzione di Berlusconi

Il pm ricorre in Cassazione: non si possono concedere al Cavaliere le attenuanti generiche

Stefano Zurlo

da Milano

Il veleno è tutto nella coda. Dopo una lunghissima dissertazione sui conti del processo Sme, Ilda Boccassini spiega perché, secondo lei, a Silvio Berlusconi non devono essere concesse le attenuanti generiche. E dunque non può scattare la prescrizione, come è invece accaduto al termine del processo di primo grado, per il cosiddetto «bonifico Orologio»: il passaggio di 434mila dollari dai conti di Cesare Previti a quelli del giudice Renato Squillante. È quello l’episodio più controverso del procedimento chiuso dal tribunale di Milano con l’assoluzione, per tutti gli altri capi d’imputazione, dell’ex premier. Ora, eliminato dalla tabella di marcia l’appello per la legge Pecorella, la Boccassini gioca l’ultima carta ricorrendo in Cassazione.
E scrive: «Il tribunale, dato atto dell’inequivoca natura corruttiva della dazione collegata al cosiddetto “bonifico Orologio” in favore di Squillante e del fatto che detto pagamento era stato certamente effettuato da Berlusconi per il tramite di Previti, ha tuttavia prosciolto Berlusconi, per intervenuta prescrizione, previo riconoscimento in suo favore delle attenuanti generiche». Che, a differenza di quel che è successo per Cesare Previti, sono state concesse per due ragioni: l’incensuratezza e le condizioni di vita individuale del fondatore di Forza Italia.
Per la Boccassini il ragionamento seguito dai giudici è sbagliato: «L’estrema gravità dei fatti oggetto di imputazione è stata del tutto ignorata dal tribunale, il quale ha valorizzato l’incensuratezza, e quindi una condizione comune alla generalità dei cittadini, senza tenere in alcun conto che la vendita della funzione giudiziaria da parte di un magistrato e il suo asservimento all’altrui interesse costituisce anche sul versante del privato corruttore un accadimento di grande portata negativa, poiché suscettibile non solo di alterare il corretto funzionamento dell’amministrazione della giustizia, ma anche di minare la fiducia dei cittadini nello Stato e nelle fondamentali istituzioni di garanzia».
Del tutto vago è poi, secondo la Boccassini, «il richiamo alle condizioni di vita individuale e sociale di Berlusconi: il tribunale non ha dato ad esso alcun seguito argomentativo e non ha nemmeno indicato a cosa intendesse specificamente riferirsi con una simile locuzione».
Critica la Boccassini anche su alcuni passaggi logici della sentenza del tribunale, presieduto da Francesco Castellano. Per il collegio, sicuramente fu pagata una tangente a Squillante con soldi provenienti da un conto di Pietro Barilla che non può difendersi perché è morto. Per la Boccassini, però, «l’interesse di Barilla ad acquistare la Sme non è confermato dagli atti. Risulta invece un interesse forte di Berlusconi ad evitare che la Sme fosse acquistata dalla Buitoni» di De Benedetti «e risulta che Berlusconi era legato a filo doppio, non solo con Previti, ma anche con Squillante». Per il Pm il tribunale non ha valutato gli elementi a disposizione e il verdetto di assoluzione «mostra una grave carenza dell’impianto motivazionale, tanto che lo stesso può ritenersi con riferimento all’assoluta estraneità di Berlusconi al cosiddetto bonifico Barilla assolutamente apodittico e sfornito di logica».
Fin qui il Pm.

«La Boccassini - ribatte l’avvocato Gaetano Pecorella, difensore dell’ex premier - va fuori tema aggredendo Berlusconi sul piano personale e dimenticando per strada le questioni di diritto. Inoltre sul punto specifico del bonifico da 434mila dollari, il tribunale si è fermato prima di accertare la verità e non ha mai dichiarato la colpevolezza di Berlusconi».

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