I siti web siano più accessibili e inclusivi

Quasi il 99% dei siti italiani non rispetta gli standard di inclusività. È di estrema importanza eliminare quelle che sono le barriere digitali, così da rendere i siti web, specialmente quelli dell'amministrazione pubblica, disponibili a tutti

I siti web siano più accessibili e inclusivi

Il 98,7% dei siti italiani non raggiunge adeguati standard di inclusività. Chi ha disabilità sensoriali o svantaggi sotto il profilo linguistico e culturale fa fatica ad accedervi e questo vale sia per i siti di pubbliche amministrazioni che per quelli di aziende private appartenenti ai settori più disparati.

Lo documenta una recente indagine di Federprivacy, che ha esaminato un campione di 400 siti web in lingua italiana. Va peraltro ricordato che il Gdpr, il Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali, stabilisce che gli utenti di siti web devono essere messi nelle condizioni di consultare l’informativa sulla privacy delle piattaforme in modo facilmente accessibile, anche al fine di poter esercitare i propri diritti, come l’accesso ai dati personali o la loro cancellazione.

Le barriere digitali pesano come quelle architettoniche

Nel nostro Paese è cresciuta la percezione della necessità di abbattere le barriere architettoniche. Vista, però, l’incalzante digitalizzazione delle attività professionali, sta diventando cruciale anche il tema dell’accessibilità degli strumenti informatici da parte di soggetti con disabilità. Insieme alle barriere architettoniche occorre quindi azzerare anche quelle digitali, che impediscono agli utenti svantaggiati di accedere ai servizi offerti on-line.

L’art.3 della Costituzione sull’uguaglianza lo richiede. Per accessibilità si intende la capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e fornire informazioni fruibili senza discriminazioni anche da parte di coloro che, a causa di disabilità, necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari.

Le regole fissate dall’Agid

Dal 5 novembre 2022 i siti web e le applicazioni mobili devono adeguarsi ai requisiti di accessibilità così come definiti dall’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) con alcune linee guida. Risulta ampliata la platea dei soggetti obbligati a rispettare quelle norme. Oltre agli enti pubblici, ora ci sono anche: i soggetti giuridici che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni nei settori dell’energia, del gas, dell’acqua, del trasporto di passeggeri, ma anche relativi ai settori postali, bancari, assicurativi, sanitaria, veterinari, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a 500 milioni di euro; le persone fisiche che svolgono attività economico-commerciale soggetta a Iva; le persone giuridiche private di natura commerciale a prescindere dalla forma assunta; gli enti del terzo settore di natura privata, nella misura in cui svolgano attività economico-commerciale soggetta a Iva. I gestori dei siti web degli enti pubblici e delle aziende private assoggettate a questo vincolo dovranno dotarsi di una dichiarazione di accessibilità da aggiornare il 23 settembre di ogni anno.

Colmare il digital divide

Il nodo dell’accessibilità si ricollega al più ampio tema del digital divide, cioè dell’esclusione dalla vita on-line di ampie porzioni di popolazione che per ragioni culturali ma spesso anche fisiche non riescono a fruire dei servizi digitali. Una sfida che potrà essere vinta solo con virtuose sinergie pubblico-privato.

È fondamentale che la Rete diventi facilmente accessibile a tutti e che il linguaggio utilizzato dagli operatori di Rete sia alla portata di tutti i cittadini.

L’obiettivo è quello di costruire nel tempo una democrazia digitale equa ed inclusiva, in grado di ricomporre le fratture che si sono create nella società anche a causa del discriminatorio accesso ai servizi di Rete.

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