Invece che emozioni ci scambiamo emoticon

Il nostro rapportarci all'altro è sempre filtrato dallo schermo di un pc o di un telefonino. Mi capita, quando sono per strada, di notare che la gente cammina guardando il display dello smartphone, con aria inebetita, talvolta mettendo anche a rischio l'incolumità propria e altrui

Invece che emozioni ci scambiamo emoticon
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Egregio Direttore Feltri,

al dialogo si sta sostituendo la tendenza a essere misantropi. Sigmund Freud nei suoi scritti ha elaborato la regola fondamentale della psicanalisi: il linguaggio verbale è uno degli aspetti più importanti della nostra vita, permette di esprimerci, di comunicare e di interagire con gli altri, oltre a essere uno dei tratti fondamentali che ci differenzia dagli animali. Dunque, studiarlo ci potrebbe aiutare a capire molto di più dell'uomo, della sua storia primitiva e delle lingue moderne. Proprio per questo lo studio dell'origine del linguaggio è considerata un'impresa multidisciplinare che vede coinvolti, tra gli altri, linguisti, primatologi e neuroscienziati. Ma forse oggi interessa poco. Ci furono molti altri che precedettero Freud e i neuroscienziati. Erano medici, scienziati e intellettuali, filosofi come Socrate e Platone. Prima che inventassero i linguaggi interattivi con gli smartphone si comunicava con la bocca e si aveva tanta voglia di farlo. Ora non più. È tutto un chattare meccanicamente, reclinando il capo su minuscoli computer. Non ce ne accorgiamo più, ma stiamo diventando misantropi.

Adalberto de' Bartolomeis

Monselice (Padova)

Caro Adalberto,

la tecnologia non ci ha condotti a smarrire o a mettere da parte il linguaggio verbale, scritto e parlato, dato che, di fatto, comunichiamo in continuazione tramite messaggi, video, post, email, telefonate, videochiamate e chi più ne ha più ne metta. Lo sviluppo tecnologico anzi ha reso le interazioni più facili e più rapide, mentre una volta ci si affidava al piccione viaggiatore, che peraltro non sempre giungeva a destinazione.

Ciò che abbiamo perso è la comunicazione non verbale, ossia quel tipo di comunicazione che comprende le espressioni del viso, gli sguardi, ovvero il contatto visivo, i gesti, il contatto fisico, insomma quel processo di scambio di informazioni che va al di là del linguaggio semantico e che è ancora più efficace di quest'ultimo. Tale perdita ha inficiato oltre che impoverito la nostra maniera di relazionarci e di trasmettere pensieri, emozioni, sensazioni, bisogni. Da qui una conflittualità accesa che dilaga ovunque, dentro le famiglie e anche fuori.

Io sono davvero convinto che i conflitti nascano proprio dall'assenza di comunicazione o da un cortocircuito di questa. Si finisce per non capirsi e allora si va allo scontro. Il nostro rapportarci all'altro è sempre filtrato dallo schermo di un pc o di un telefonino. Mi capita, quando sono per strada, di notare che la gente cammina guardando il display dello smartphone, con aria inebetita, talvolta mettendo anche a rischio l'incolumità propria e altrui. Non ci guardiamo più negli occhi. Quindi come possiamo pretendere di conoscerci davvero, di capirci, di amarci? Se consideriamo poi che la comunicazione è da sempre composta soprattutto di linguaggio non verbale, afferriamo quanto sia dannosa la nostra assuefazione ai novelli meccanismi e mezzi comunicativi, che annientano tutti quegli elementi che fanno parte del codice non verbale.

Cosa fare? Come uscire da questo vicolo cieco? Non ci resta che curare il vizio di maneggiare costantemente lo smartphone fino a renderlo una specie di estensione di noi stessi, senza la quale ci sentiamo smarriti, danneggiati, amputati di una parte vitale. Non è impresa agevole. Tutt'altro. Ormai siamo drogati. Insomma, soffriamo un po' tutti di una dipendenza da certi aggeggi e da certe diavolerie che, invece di semplificarci la vita, a volte paiono complicarcela. E chi di noi qualche volta non lo ha pensato?

Siamo schiavi delle app, dei tablet, dei cellulari. Erano stati fatti per l'uomo e l'uomo ha finito con l'essere fatto per loro, avendo rinunciato alla propria umanità per sposare lo spirito di questo nuovo millennio, in cui il sesso si fa virtuale, gli appuntamenti si danno online, le riunioni si fanno tramite skype o qualcosa del genere, ci si lascia via sms, ci si incontra sulle chat a questo deputate, un nuovo millennio in cui le storie d'amore hanno la durata di una storia di Instagram, la quale mi pare duri 24 ore al massimo, e in cui, anziché condividere momenti insieme, condividiamo post su Facebook.

Per le emozioni non c'è spazio alcuno, ma abbiamo le emoticon, ovvero le faccine, che ci servono soltanto per chiudere conversazioni noiose o scomode o

per eludere domande e richieste.

Per connetterci con l'altro è indispensabile disconnetterci dalla rete, deporre il cellulare, sollevare lo sguardo, accorgerci di ciò che ci sta davanti. Almeno prima di perderlo per sempre.

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