L'idea di "lavorare meno" è un suicidio sociale

"Basta lavorare e basta - argomentano questi giovani - noi vogliamo vivere". E la loro parola d'ordine, per questo, è divenuta: "Lavorare meno, vivere di più"

L'idea di "lavorare meno" è un suicidio sociale
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La rivoluzione digitale in atto sta cambiando il mondo. E, in particolare, sta cambiando il mondo del lavoro. L'avvento di nuove tecnologie e dell'intelligenza artificiale modifica compiti, funzioni, comportamenti nell'impresa e nella pubblica amministrazione. La sfida della formazione e della riqualificazione saranno, per questo, quelle decisive per i prossimi decenni. Chi saprà affrontarle, guadagnerà un vantaggio decisivo. Paesi, università, istituzioni culturali dovrebbero prepararsi per tempo. Complice l'inverno demografico, infatti, la disoccupazione per mancanza di offerta è destinata a scomparire. Resisterà soltanto la disoccupazione per mancanza di competenze idonee. Alla quale si può e si deve ovviare attraverso un adeguato investimento formativo.

Il cambiamento del lavoro, però, non dipende solo dall'innovazione tecnologica. Si innesta su dinamiche storiche profonde, che chiamano in causa le identità culturali e le tradizioni dei popoli; gli atteggiamenti diffusisi e il modo di concepire la vita. Se guardiamo in direzione della Germania e della sua crisi, lo possiamo comprendere meglio. Qui, infatti, una nuova generazione appare impegnata a smentire, addirittura, Max Weber e un suo paradigma: quello che associava l'etica protestante allo sviluppo capitalistico. È in atto, infatti, una sorta di rivolta contro i padri e la loro visione del mondo: «Basta lavorare e basta - argomentano questi giovani - noi vogliamo vivere». E la loro parola d'ordine, per questo, è divenuta: «Lavorare meno, vivere di più».

Innovazione tecnologica e cambiamenti culturali, dunque, s'intrecciano. Da un canto, la tecnologia ridefinisce il lavoro; dall'altro le aspirazioni delle nuove generazioni ne determinano l'adozione e l'impatto. Gli esiti, a volte, sono sorprendenti. Così la Germania, in piena recessione nel 2023, si è presa il lusso di collocarsi all'ultimo posto per il numero di ore lavorate tra tutti i Paesi Ocse. Il dato diviene addirittura sconvolgente se lo si compara con quello fatto registrare da Paesi fino a ieri derisi dai «nordici» per la loro pigrizia. Si prenda ad esempio la Grecia. Lì fino a qualche anno fa si andava in pensione a 57 anni; nel 2023, invece, si è lavorato quasi il 40% in più dei tedeschi. E si fanno leggi per consentire, a chi lo voglia, di ampliare, ancor più, il numero di ore da trascorrere al lavoro.

Il mondo, insomma, almeno in quest'ambito, sembra veramente andare alla rovescia. Anche l'Economist, sul suo ultimo numero, ha riconosciuto che in quanto a stabilità, produttività, prospettive economiche, pur con tutti i loro persistenti problemi, i Pigs (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) stanno impartendo una lezione ai virtuosi di un tempo. Le ragioni del capovolgimento sono tante e profonde. Tra di esse vi è la maggior abitudine, a certe latitudini, a saper conciliare lavoro e tempo libero. Un'attitudine sviluppata anche perché in quei luoghi, per tanto tempo, del lavoro si è dovuto forzatamente fare a meno: per la semplice ragione che non c'era. Ci dovrebbero pensare, forse, quanti ritengono che per vivere meglio sia necessario evitare il lavoro, manco fosse la peste. Perché, comunque la si voglia mettere, il lavoro rappresenta - e rappresenterà sempre - una parte importante nell'esistenza della donna e dell'uomo. Anche in termini di tempo. Racchiuderlo in un ghetto esistenziale; separarlo dalla qualità della propria vita, rappresenta, per questo, un errore esiziale, di natura pratica ancor più che teorica. Per le cosiddette «società affluenti», il problema, allora, non è «lavorare meno»; è «lavorare meglio». Trovare i modi per integrare nelle attività di ogni giorno i valori, i bisogni, le motivazioni esistenziali dei propri membri.

Per far questo, però, non serve rinnegare il capitalismo, le sue regole e le ragioni culturali che lo hanno sostenuto. Meglio porsi l'obiettivo di rinnovarlo, riscoprendone le radici comunitarie che sono parte della sua migliore tradizione.

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