Senza Silvio in Italia non avremmo avuto la televisione pop, una vera e propria rivoluzione dell'immaginario. Molto invisa ai comunisti degli anni Ottanta, a loro andava bene quello che passava il convento della Rai, e per chi come me è nato negli anni Settanta sarebbe stata un'adolescenza televisiva noiosissima.
Invece Silvio creò la tv commerciale, e al posto del cimitero di Viale Mazzini con la Fininvest (che dopo diventò Mediaset) il nostro mondo si popolò di avanguardie. Anzitutto il genio Silvio scoprì un genio televisivo, Antonio Ricci, che ideò Drive in, un programma che ci fece crescere fuori dal moralismo democristiano (e che tutt'oggi porta avanti uno dei programmi più longevi e irriverenti e liberi del panorama televisivo, Striscia la notizia), tra Ezio Greggio che faceva l'Asta Tosta (chi non ricorda il tormentone: «È lui o non è lui? Ceeeerto che è lui!»), Gianfranco D'Angelo con il cane Has Fidanken, e le tette di Carmen Russo, il culo di Nadia Cassini, a ravvivare le nostre nascenti fantasie di ragazzi. Un meraviglioso circo di follia e allegria.
Non era la Rai, meno male, e infatti di lì a poco, a inizio anni Novanta, arrivò subito Non è la Rai di Gianni Boncompagni, altro fuoriclasse, anche quello attaccato dalla sinistra bacchettona perché c'erano le ragazzine (ma cosa c'era di più innocente e fresco di Ambra Angiolini?). Nel frattempo sperimentando anche trasmissioni surreali che hanno lasciato un'eredità nella comicità futura, come quelle di Gianni Ippoliti, portando a far diventare opinionisti la gente comune (facevano molto ridere, e a pensarci erano meglio degli opinionisti seri di oggi). (A proposito, apro un'altra parentesi: invito Tiberio Timperi a non rompere le scatole a Ippoliti, perché Ippoliti è un altro genio televisivo).
Senza contare che senza Silvio, oltre ai cartoni giapponesi, da Lady Oscar a Jeeg Robot (mentre la Rai ci aveva fatto venire la depressione con lo sfigatissimo Dolce Remì) non avremmo visto le serie tv che hanno cambiato la nostra vita, importate dagli Usa, tra cui Supercar, L'uomo da sei milioni di dollari, A-Team, Magnum P.I., e il mai ricordato abbastanza Ralph Supermaxieroe, dando poi vita alle prime serie comiche italiane di culto già sul nascere, come Casa Vianello. Strappando alla Rai appunto il meglio che c'era, e pagandolo il dovuto: non ci volle molto, per dirne uno, a convincere Mike Bongiorno a passare alla tv commerciale. Perché prima di Silvio i grandi venivano pagati poco, come funzionari statali.
E poi il Maurizio Costanzo Show, un talk show unico, che mai sarà ripetibile. Ogni sera non c'era italiano che non si chiedesse «Chi c'è al Costanzo?», e da lì sono passati tutti coloro che sono diventati qualcuno in seguito, da Vittorio Sgarbi a Enzo Iacchetti e perfino il sottoscritto ventunenne che mandò a Costanzo un manoscritto di seicento pagine cercando un editore e dichiarando «diventerò il più grande scrittore del XXI secolo». Nella prima puntata a cui andai c'era un ragazzo che voleva fare l'attore. Si chiamava Valerio Mastandrea. Da Costanzo era così, chiunque aveva una chance, e Costanzo non sarebbe stato possibile senza Silvio, l'unico che importò il sogno americano in Italia, in televisione, e non solo in televisione.
Infatti il genio di Silvio era individuare talenti che non avrebbero trovato spazio altrove, dando vita alla televisione moderna prima di allora inimmaginabile. Capì subito le potenzialità di Claudio Cecchetto per esempio, lasciandogli carta bianca per la sua Deejay Television: lì, pensate un po', i personaggi di punta esordienti erano Jovanotti, Fiorello, Amadeus, Gerry Scotti, mica pizza e fichi. Cambiò anche l'informazione: Giuliano Ferrara con L'Istruttoria, dove andò in onda la prima vera rissa della televisione italiana, Vittorio Sgarbi che tira dell'acqua a Roberto D'Agostino, e quest'ultimo che gli molla uno schiaffo.
Che dire, ragazzi: l'elenco di tutto l'immaginario creato da Silvio sarebbe lungo. Senza di lui in Italia non avremmo avuto gli anni Ottanta e Novanta, saremmo rimasti bloccati ai Settanta.
Come sarebbe lungo l'elenco di tutti i detrattori, i famosi intellettuali organici, contro la televisione berlusconiana che ci avrebbe lobotomizzati. Perché ci volevano organici alla loro televisione cattocomunista della noia.
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