Soldi ai politici, Fiorani non collabora E i pm puntano sul suo prestanome

Il pool lavora sulle rivelazioni di Spinelli che avrebbe indicato altri parlamentari finanziati dall’ex numero uno di Bpi

Soldi ai politici, Fiorani non collabora E i pm puntano sul suo prestanome

Stefano Zurlo

da Milano

È il settimo interrogatorio. Gianpiero Fiorani, dopo più di un mese di permanenza a San Vittore, è una fortezza che resiste all’assedio dei Pm. Questa volta il pool milanese va all’assalto utilizzando anche le frasi messe a verbale 24 ore prima da Silvano Spinelli, prestanome dell’ex amministratore delegato di Bpi, agli arresti domiciliari solo per l’età avanzata. Nello sfiancante interrogatorio di lunedì, Spinelli avrebbe fatto nomi nuovi di politici, da collocare nel perimetro del centrodestra, in qualche modo inseriti nel circuito della finanza allegra gestita da Fiorani.
Dunque, Francesco Greco, Eugenio Fusco e Giulia Perrotti danno il via all’ennesimo round con l’ex numero uno di Bpi. Fiorani è a San Vittore dal 13 dicembre, ma, a quanto filtra, finora ha concesso molto meno di quel che si pensa ai magistrati e, in buona sostanza, ha provato a limitare i danni. Insomma, le sue rivelazioni sono poca cosa rispetto ai maneggi compiuti. E allora si torna alla carica incrociando le dichiarazioni di chi è stato messo sotto torchio nei giorni scorsi. Spinelli, nell’interrogatorio di lunedì, avrebbe messo in fila le molte operazioni compiute per conto di Fiorani; qualcosa di interessante arriverebbe pure dai verbali di Fabio Massimo Conti, gestore del fondo Victoria & Eagle. I suoi difensori ritengono addirittura che Conti abbia spezzato il cerchio delle complicità e per questo hanno chiesto gli arresti domiciliari.
A più di un mese dalla prima e unica retata di questa indagine, si capisce che l’inchiesta attraversa una fase delicata. I numeri, da soli, danno un’idea della complessità del lavoro di scavo e delle difficoltà nel procedere da parte degli investigatori. Fiorani, per esempio, è stato sentito complessivamente undici volte, quattro prima di finire in manette, per un totale di decine di ore. Cifre imponenti anche per gli altri dirigenti, a cominciare dall’ex direttore di Bpi Gianfranco Boni, risucchiati dentro l’indagine. E però, al di là dei titoli dei giornali, la rete dei conti e delle complicità non è stata ancora completamente scardinata. Ecco perché si va avanti a piccoli passi.
Certo, all’epoca di Mani pulite c’erano altri ritmi e il carcere era la regola e non l’eccezione. Ora, la situazione è diversa. Ma la «resistenza» di Fiorani rende più arduo il cammino dei magistrati. In Procura, però, il clima di fibrillazione è evidente: così vengono registrati tutti i passaggi dei penalisti di rango. Transita Carlo Taormina e si scatenano i dietrologi. Perché quel giro in Procura? Il motivo, a quanto pare, è scontato: Taormina difende l’immobiliarista Danilo Coppola e vuole conoscere la data del Tribunale della libertà. Tutto qua.
Voci e indiscrezioni si susseguono. Il pool va avanti per la sua strada: per ora si continua l’esplorazione dei conti degli arrestati e degli indagati. Il resto, il risiko condotto dai politici, è altra cosa. Riflettori sempre accesi, invece, sui rapporti fra Gianpiero Fiorani, il finanziere Chicco Gnutti e l’ex numero uno di Unipol Giovanni Consorte: tutti e tre sono indagati per associazione a delinquere. Nei prossimi giorni, Fiorani verrà forse sentito anche dai Pm di Roma che procedono in parallelo con quelli di Milano.
E a breve, il capo degli ispettori ministeriali Arcibaldo Miller deciderà se tornare a Milano per completare gli accertamenti sulle fughe di notizie.

A Miller toccherà un compito delicatissimo: stabilire come mai si è aperta una falla nell’apparato investigativo. In teoria, l’analisi delle responsabilità potrebbe anche portare Miller a sollecitare l’avvio dell’azione disciplinare nei confronti dei Pm.

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