da Roma
Gli incidenti di Milano fanno scoprire allItalia di avere in casa delle vere e proprie Chinatown. E il Palazzo della politica sinterroga su come affrontare i problemi di integrazione della comunità asiatica più numerosa nel nostro Paese. È anche «la più chiusa», ammette su La Repubblica il ministro dellInterno Giuliano Amato e per questo è difficile dialogare. «Per i cinesi, isolarsi sembra quasi una condizione prescelta. Lintegrazione è un problema che sembrano non sentire». Limpresa non è «disperata», ma cè molto da fare.
E, allora, quale strada seguire per favorire una convivenza pacifica a Milano e nelle altre città? Il leader di Fi, Silvio Berlusconi, risponde: «Quella della solidarietà unita alla legalità, delle politiche sociali ma anche del rispetto delle regole. Laccoglienza e la tutela della sicurezza devono necessariamente coniugarsi e stare insieme per la libertà di ogni cittadino». Milano è solo una delle città che, per il Cavaliere, si trovano al centro di tensioni per «un contesto socio-economico mutato» per lintensificarsi dei flussi migratori. Al fianco del sindaco Letizia Moratti si schiera il leader di An Gianfranco Fini, che preannuncia per oggi nuove proposte sulla sicurezza: «Non si può consentire che ci siano zone franche a Milano o in altre città». Anche il segretario dellUdc Lorenzo Cesa solidarizza con la Moratti, definendo «inaccettabili episodi» quelli avvenuti giovedì.
Ma il capoluogo meneghino non è il modello da seguire, afferma Walter Veltroni, quello giusto è Roma. Il sindaco capitolino propone la sua ricetta di massima integrazione e massima tutela, spiegando che nella capitale non cè una Chinatown, perché bisogna «scongiurare uneccessiva etnizzazione del quartiere» e, come allEsquilino, lavorare sulla riqualificazione urbana che ha anche provocato «una crescita dei valori immobiliari delle case negli ultimi 5 anni». Veltroni dice al governo che «se vuole garantire la sicurezza deve investire sulle politiche sociali, in particolare quelle per la casa e quelle per limmigrazione».
Affermazioni che fanno insorgere gli esponenti romani di An. «La sinistra -dice il capogruppo in Consiglio comunale Marco Marsilio-sta utilizzando la rivolta dei cinesi a Milano per far passare l'idea che la Chinatown romana dell'Esquilino sia un esempio di integrazione e pacifica convivenza. Niente di più falso. La vera differenza è che a Milano il sindaco sta dalla parte dei cittadini residenti e della legalità, a Roma no». Il deputato di An Fabio Rampelli cita la risposta ad una sua interrogazione del sottosegretario agli Interni Marco Minniti per accusare il governo Prodi di conoscere bene «la gravità sociale rappresentata da questa comunità impermeabile, che difende la sua volontà di restare completamente estranea alle leggi e alla cultura italiana». Lo Stato, chiede, si è forse «arreso ad unillegalità diffusa?».
Le accuse vengono anche dallUnione, dove Pierluigi Mantini della Margherita e Stefano Pedica dellItalia dei valori, applaudono la Moratti che vuole cambiare rotta rispetto alla «gestione permissiva, distratta e corresponsabile della giunta Albertini». Il primo vive da molti anni nella Chinatown milanese e invoca fermezza, dicendo di non condividere «alcune letture sociologiche e di certa sinistra», sulla rivolta dei cinesi. Per Pedica non si tratta né di razzismo né di intolleranza, ma «di regole che vanno rispettate»: perché non si fa chiarezza, esorta, sul riciclo dei documenti didentità e dei permessi di chi muore e sulla correttezza dei contributi versati al fisco?
Anche a Roma «i cinesi non muoiono mai», denunciano da An, e la giunta Veltroni non avvia nessuna ispezione sulla loro anagrafe «tutta falsata». Per Ignazio La Russa dei fatti milanesi è colpevole il governo con le sue politiche sullimmigrazione. Servono retate e controlli a tappeto, secondo Maurizio Gasparri, che aggiunge: «Da Pechino non accettiamo lezioni: pensi alle tante illegalità che i propri cittadini attuano in Italia».
Ma i tafferugli di Milano, avverte il sottosegretario Verde allEconomia Paolo Cento, non devono «incrinare il rapporto di amicizia e collaborazione» tra Italia e Cina. Bisogna costruire insieme un terreno comune di regole, aggiunge Anna Finocchiaro dellUlivo. Regole che bisogna accettare se si vuole lintegrazione, sottolinea Chiara Moroni di Fi.
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