Il sollievo del Cavaliere: "Ma la giustizia arriva con 12 anni di ritardo"

Roma - Sereno, soddisfatto, anche molto emozionato, addirittura commosso. Avvocati e portavoce descrivono così Silvio Berlusconi dopo la notizia della sua assoluzione in appello nel processo Sme. E riferiscono che il suo primo commento è stato di gioia ma anche di rammarico: «La sentenza è arrivata con un ritardo di 12 anni, ma comunque è arrivata».
Nello studio della villa di Arcore, il leader di Fi riceve alle 15 la chiamata di uno dei suoi legali, il deputato azzurro Gaetano Pecorella, che gli comunica il verdetto. L’altro, il senatore Niccolò Ghedini, è con lui. Al telefono lo raggiunge subito il portavoce, Paolo Bonaiuti. Sono loro che raccontano le reazioni a caldo del Cavaliere.
«Dopo oltre 2mila e 200 udienze - dice Berlusconi- era ora che si facesse un po’ di giustizia, sono 12 anni che aspetto ed è arrivata solo ora. Ne ho passate tante, non ne potevo più. Sono profondamente commosso, ma quanto mi hanno fatto soffrire». I collaboratori più vicini all’ex premier lo descrivono turbato per una giustizia «troppo lenta». «E io - avrebbe sottolineato -, a differenza di altri cittadini, ho i mezzi per difendermi». Una giustizia così, è la conclusione di Berlusconi, va «riformata perché non ci possono volere 12 anni» per arrivare a una sentenza di assoluzione.
Le felicitazioni degli esponenti del centrodestra sono tutte accompagnate dalla vena polemica sul «teorema» finalmente smontato, sull’«accanimento giudiziario» e sulle dolorose lungaggini processuali, che hanno pesato sulla storia politica del leader azzurro, mentre pochissime sono le voci dalla maggioranza e tutte in difesa della magistratura.
Da Rimini il premier Romano Prodi risponde laconico a una domanda sull’assoluzione: «Non ho mai commentato nessuna sentenza. Ho sempre creduto nella giustizia. Va bene così». Quasi tra i denti, il ministro e leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, commenta: «Buon per lui. Prendo atto che la magistratura funziona. Ora Berlusconi non dovrebbe più attaccarla». Non rinuncia all’attacco il ministro e leader di Idv Antonio Di Pietro: spiega che l’assoluzione di Berlusconi per non aver commesso il fatto «non significa che quel fatto non sia stato commesso, anzi» e chiede l’espulsione dal Parlamento di Cesare Previti, condannato nel processo, anche se non definitivamente. La sentenza, per il Ds Cesare Salvi, dimostra che «la magistratura non è collusa con la politica».
Il presidente di An, Gianfranco Fini, esprime «piena soddisfazione per una verità finalmente accertata anche in sede processuale». E per il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, la soddisfazione è doppia: per Berlusconi «venuto fuori da questa lunga vicenda giudiziaria» e per l’Italia che deve «avere sempre fiducia nella giustizia».
Ma soprattutto da Fi e An le voci polemiche sono forti. È una «grande vittoria della giustizia», dice Pecorella, ma si tratta di un «uomo che per 12 anni è stato nel mirino, accusato e insultato in mille modi». E per Ghedini questo «processo ha inciso sulla vita politica italiana soprattutto perché c’è stata una grande pervicacia della pubblica accusa nel portarlo avanti: in una situazione normale questo processo non sarebbe neppure arrivato all’udienza preliminare». Riflettiamo, esortano Bonaiuti e Roberto Formigoni, sui «motivi di tanti anni di accuse ingiuste, di sofferenze e di fango». Il coordinatore di Fi Sandro Bondi si rallegra che il sistema giudiziario si dimostri, alla fine, «capace di correggere e di annullare preconcetti e teoremi non suffragati dai fatti», ma sottolinea le sofferenze personali e le conseguenze politiche del processo. Finisce «un vero e proprio accanimento giudiziario», dice Ignazio La Russa di An.

Sull’«incontestabile uso politico della giustizia» insiste il vicecoordinatore azzurro Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri di An dice che «la giustizia, invece di colpire il crimine, perde tempo con campagne politiche».

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