Luciano Gandini
È stranoto che la storia la scrivono i vincitori. Poi se qualcuno si permette di confutare o dibattere, viene tacciato di bieco revisionista, nella più gentile delle ipotesi. Girando per la nostra città, il dubbio, legittimo, è che lo stesso trattamento sia riservato per i nomi di vie, piazze, vicoli, passi. Basta leggere con un po' più di attenzione la targa per capire, ad esempio, che quella che chiamiamo via Bellocci, è via «Dino Bellucci, caduto per la libertà».
E se si esclude il centro storico, con i suoi nomi curiosi - vico del Dragone -, romantici - salita della Seta - e risalenti chissà a quando, tutta la città vive nella sua toponomastica la storia della Resistenza o la storia di una sola parte politica, salvo rare, rarissime e, come numero, irrilevanti eccezioni.
Non c'è episodio della Resistenza che non trovi il suo ricordo scolpito nel marmo delle targhe che indicano i nomi delle strade. In prevalenza sono nomi, che lasciano spazio nell'uso quotidiano dello stradario più ai cognomi, poi episodi e, infine, date. La data della Liberazione trova riscontro due volte: una con la centralissima via 25 Aprile, l'altra con la meno nota via della Insurrezione 23-25 Aprile 1945, dopo Sestri Ponente.
Poi i personaggi storici della sinistra italiana hanno dedicate strade importanti, di cui si ha bisogno molto spesso: da via Antonio Gramsci a piazza Giacomo Matteotti. Poi si va anche all'estero con via Salvator Allende, il primo marxista alla presidenza di uno stato dell'emisfero Ovest. Poi vi sono zone dove i ricordi si fanno più vicini: verso Nervi, via Pietro Nenni segue via Umberto Terracini. E a pochi passi continua ad esistere via Palmiro Togliatti. Nonostante le polemiche, le prove della complicità di Stalin e la responsabilità della morte di tanti militari italiani, in particolare alpini, sul fronte russo nella seconda guerra mondiale, la strada non cambierà nome. Sono troppo numerose le persone che vi abitano e troppi i disagi che verrebbero arrecati. Stesso motivo, ma dall'effetto opposto, per cui Enzo Tortora continua ad essere dimenticato dalla sua città natale: la strada ci sarebbe, ma i disagi che verrebbero procurati a ben due condomini hanno bloccato l'iter. E di soluzioni alternative non ne sono mai state trovate.
Vi sono, poi, interi quartieri caratterizzati dalla toponomastica della Liberazione. Basti pensare a Sampierdarena. Sono ben ventinove i partigiani che in questo quartiere vengono ricordati. Walter Fillak e Giacomo Buranello continuano ad avere molte cose in comune, amici e protagonisti di numerosi episodi negli anni 1942-1943, oggi i loro nomi caratterizzano due strade principali per la viabilità del quartiere e di tutta la città. E sono in buona compagnia: via Walter Ulanowski, corso Luigi Andrea Martinetti, via Federico Avio, Via Tullio Molteni, via Paolo Reti e così via.
Sono oltre centro le strade di Genova che ricordano i caduti. Tutti i fucilati del forte san Martino sono ricordati uno per uno, stessa precisione per quanto riguarda quelli del Castellaccio, di Calvari, di Bornasco. Più sintetiche e cumulative altre formulazioni: da via Martiri del Turchino a piazza Caduti Partigiani Voltesi, da giardini Caduti nei Lager Nazisti, a via della Benedicta.
Se si escludono le strade rimaste dedicate ai Savoia, contro le quali il Movimento Indipendentista Ligure ha aperto una vera e propria crociata, sono ben poche le vie che ricordino politici diversi. Spicca come un urlo nel silenzio la via Jan Palach, a Nervi. Il sindaco democristiano Vittorio Pertusio ricordato come il suo collega comunista Adamoli. I giardini «Combattenti Alleati» probabilmente nemmeno in corso Magenta sanno che si chiamano in questo modo. Anche se sorge spontanea la domanda: quanti combattenti alleati saranno stati uccisi per liberare l'Italia? Stesso discorso per la strada «Aldo Moro»: se non vi dice niente, non preoccupatevi, di solito la chiamiamo Sopraelevata. Largo Paolo Emilio Taviani e i giardini dedicati ai Caduti di Nassirya sono cronaca dei nostri giorni.
Curiose sono anche le assenze nella toponomastica genovese. Tra i tanti non trovano menzione il Presidente Luigi Einaudi, liberale, o di Giorgio Perlasca. Si rimane in attesa di un Giampaolo Pansa anche per i nomi delle strade.
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