Somala «vittima» della polizia con tanti precedenti per droga

Macché colore della pelle. La donna che ha denunciato gli agenti fermata alla dogana in una normale operazione contro il narcotraffico. Ora si è beccata una controdenuncia

da Roma

Lì per lì, quando è passata al controllo-passaporti, hanno pensato che potesse essere una trafficante di bambini, sul tipo di quel cittadino cinese arrestato all’aeroporto di Fiumicino nel 1997. Poi dalla circostanza «sospetta» che la donna somala Amina Sheikh Said (appena sbarcata all’aeroporto di Ciampino) avesse con sé quattro bambini, si è passati a ciò che i terminali della polizia evidenziavano sul suo conto: una vecchia denuncia per resistenza a pubblico ufficiale e precedenti per possesso e trasporto di droga, in particolare di foglie di khat, diffusissimo stupefacente nordafricano. Per questo martedì è stata perquisita. Nonostante ciò la signora ha raccontato di esser rimasta vittima di un episodio di razzismo da parte degli agenti della Polaria, denuncia che ha fatto scattare una controdenuncia per calunnia da parte del Viminale. Il razzismo, dunque, non c’entra. C’entrano, e come, i precedenti della donna: nel gennaio del 2007 e nel marzo del 2008 la signora Amina è risultata positiva ai test antidroga effettuati dagli uomini della guardia di finanza presso lo scalo di Fiumicino.
Il resto, riportato nella denuncia della polizia, è cronaca: quando l’altra mattina è stata fermata per un controllo, la donna ha reagito in modo stizzito. Nella stanza si è denudata dalla vita in giù, lanciando nervosamente gli abiti addosso alle poliziotte, e proferendo insulti alle agenti. La situazione s’è fatta ancor più complicata quando la somala s’è opposta alla perquisizione «intima». Ragion per cui le poliziotte, che prima avevano provato a tranquillizzare Amina, si sono viste costrette ad allertare i superiori che hanno contattato il pm di turno. Il quale, come da prassi, ha autorizzato in «alternativa» una radiografia, anche senza il consenso della donna: il timore era che potesse trasportare ovuli con la droga. Nonostante ciò Amina rifiuta di rivestirsi e andare in ospedale per esser sottoposta ai raggi x. Protesta, urla, si dimena. Alla fine - così raccontano i poliziotti nella relazione - la donna accetta di andare al pronto soccorso Casilino. Ma alle sue condizioni: nuda. «Così tutti posso vedere quello che mi avete fatto», dice.
Il pubblico ministero, sollecitato una seconda volta dai poliziotti, autorizza un intervento ancor più drastico: impone agli «operanti» di collaborare con i sanitari per trasferirla in ospedale. Il trasbordo in ambulanza è alquanto complicato, per le resistenze della donna coperta che finisce in ambulanza avvolta da un semplice telo.

In ospedale Amina si sottopone a fatica agli esami radiologici (che danno esito negativo) e quando si tratta di tornare in aeroporto dove ad attenderla c’è il marito e i nipotini, scoppia una nuova grana: non vuole rivestirsi, accetta solo il telo. Una volta negli uffici della Polaria, solo grazie all’intervento del marito, si riveste. Contestualmente si becca una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale.

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