"Sono passato da 90° Minuto alla Biennale di Venezia"

È stato il primo inviato della popolare trasmissione calcistica. Oggi è un pittore famoso: "Ma devo ad Andreotti uno scoop su Saddam"

"Sono passato da 90° Minuto alla Biennale di Venezia"

Ferruccio Gard ha quasi 80 anni (li compierà il 13 dicembre), ma scoppietta come un seme di granturco in procinto di diventare pop corn. Il sense of humor è sempre stato il suo asso nella manica, anche se lui non ha mai barato in vita sua. Paolo Valenti lo cooptò nel suo «teatrino» di 90° Minuto e certo non se ne pentì.

«Ferruccio Gard Verona», entrò subito nel gruppo storico dei «Fantastici 7»: Giorgio Bubba (da Genova), Tonino Carino (da Ascoli), Cesare Castellotti (da Torino), Marcello Giannini (da Firenze), Gianni Vasino (da Milano), Luigi Necco (da Napoli). Personaggi dalla popolarità «mostruosa»: un po' per via degli ascolti totalizzanti della trasmissione (roba da 20-25 milioni di ascoltatori negli anni '80), un po' a causa della fisiognomica dei mitici «pupazzi» di Valenti che, da gran furbacchione qual era, i suoi corrispondenti li sceglieva sì per la loro bravura ma pure per la loro faccia. E Ferruccio Gard ha sempre sublimato tutto ciò nel migliore dei modi. Con un valore aggiunto: la battuta a fine servizio. Uno scoppio di mortaretto che lasciava nello spettatore il profumo di polvere da sparo. Nulla di pericoloso, per carità; soltanto una micro-deflagrazione, giusto per strappare un sorriso e sdrammatizzare il fin troppo serioso mondo del calcio. Che tale era mezzo secolo fa e tale è rimasto oggi. Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi (compresa la dea Eupalla, quella di vecchio conio breriano).

Ma Ferruccio al noioso gioco del resoconto della partita, recitato come fosse un mattinale della questura, non c'è mai stato. E così rompeva gli schemi. Lui al pari dell'altro celebre «romipitore»: il suo collega «antagonista» meridionale, Luigi Necco. In realtà «Gigi» e Ferruccio erano due uomini di grande cultura: Necco, grandissimo esperto di archeologia e storia egizia; Gard, cultore dell'arte e lui stesso pittore di grande valore. Delle ex «icone» made in Paolo Valenti continuano a vivere e a combattere con noi solo Gard, Vasino e Castellotti, ultimi Mohicani di una riserva indiana fiera di un passato glorioso: «Quando sento la sigla di 90° Minuto, continuo a emozionarmi». E nella mente i ricordi prendono a rincorrersi. Senza però la malinconia del reduce, ma con la scanzonata allegria di chi continua a gustarsi fette di pane spalmate di gag.

Gard, cognome strano. Ma lei è di Verona, ovviamente».

«A 90° Minuto ho fatto per anni il corrispondente da Verona, ma in realtà sono nato a Vetignè (Torino) e la mia famiglia ha origini franco-provenzali. Infatti il cognome dovrebbe essere Gar. Ma quella d finale mi sta benissimo. Anzi, è la mia salvezza...».

Scusi, in che senso?

«Perché Gar è anche l'acronimo di Gruppo anziani Rai».

Una specie di Cral aziendale per giornalisti del servizio pubblico in pensione?

«Più o meno. Ma la prego di specificare che quelli del Gar li stimo tutti e mi sono ugualmente simpatici. Solo che senza la d finale il mio cognome mi farebbe sentire più vecchio...».

Beh, in verità lei giovanissimo non lo è più. Anche se dimostra almeno 20 anni di meno.

«Merito anche della passione per la pittura».

I suoi quadri sono apprezzatissimi. Pietro Dorazio, tra i massimi artisti italiani nonché intellettuale raffinato, le ha dedicato delle critiche entusiastiche.

«Quando le ho lette mi sono commosso. Una soddisfazione enorme».

Le sue tele optical sono state esposte in mezzo mondo, partecipando alle rassegne di settore più prestigiose. Chi compra le opere firmate Gard cosa cerca esattamente?

«Serenità e ottimismo, attraverso il potere terapeutico del colore. Sa in quale ambiente della casa spesso vengono affissi i miei lavori?».

Non il bagno, speriamo.

«La camera da letto».

Beh, poteva andare peggio...

«E sa perché?».

Conciliano il sonno?

«In molti mi hanno risposto: mi piace addormentarmi avendo come ultima immagine della giornata il colore del suo quadro. Idem al risveglio: quella tavolozza cromatica mi dà l'energia giusta per affrontare la giornata».

Insomma, i suoi quadri hanno la sera un effetto-tisana e la mattina un effetto-caffeina. Ma è vero che da anni è alla ricerca di un nuovo colore? Un «Giallo-Gard» paragonabile, per esclusività, al celeberrimo «Blu Klein»?

«Il Giallo Gard vira un po' sullo scuro, una specie di arancio che però non si è mai visto. Avevo messo a punto la formula magica, ma poi l'ho persa. E quindi ho dovuto ricominciare tutto daccapo. Ma non dispero: ce la farò».

Ma per strada la riconoscono ancora?

«Accade spesso. Nulla di paragonabile comunque con la popolarità dei tempi di 90° Minuto».

Negli ultimi anni è tornato in tv come inviato negli stadi per il programma Quelli che il calcio.

«Bella esperienza. Mi sono divertito tantissimo».

Per l'occasione ha risfoderato anche il suo cappello alla Sherlock Holmes dei tempi d'oro di Paolo Valenti.

«L'ha trovato mia moglie in un baule. Era perfetto, anche se puzzava un po' di naftalina».

Le sue battute sono rimaste invece sempre belle fresche...

«Ricordo il putiferio che scoppiò per dopo il mio commento pseudo-osé su una posa «ambigua» di Platinì disteso lungo su un giocatore del Verona pancia a terra.

Vicenda «hard», racconti nei dettagli.

«La Juve giocava al Bentegodi. Platinì parte in dribbling, ma Fontolan lo contrasta. Fontolan cade a terra a pancia in giù, ma nell'azione perde l'equilibrio anche Platinì che finisce disteso lungo, a mo' di sandwich, sulla parte posteriore del corpo del veronese. Una posizione imbarazzante per entrambi. Ma, incredibilmente, i secondi passano e né Platinì né Fontolan si affrettano a staccarsi. Il veronese, immobile, resta sotto e lo juventino, pure lui immobile, resta sopra. La situazione - diciamo così - non si sbloccava. Non riuscii a trattenermi e così partì la battuta.

La ripeta.

«Platini non si alza... forse deve trovare un certo intimo piacere nel restare disteso sopra a Fontolan...».

Telefonate di protesta?

«La prima fu quella di mia madre: Ferruccio, figlio mio, ma cosa ti è saltato in mente di dire?».

Il suo scoop più importate?

«Un mix di cronaca e politica estera».

Intrigo internazionale?

«In un certo senso sì. Nel '91, durante un evento pubblico, intercettai una telefonata top-secret tra Andreotti e Saddam».

Una spy-story alla Tom Clancy...

«Con la differenza che tutto si svolse a Pieve di Cadore, il paese di Tiziano Vecellio».

E dove c'è l'arte c'è sempre anche Ferruccio Gard...

«Ma in quell'occasione c'era soprattutto Giulio Andreotti. Improvvisamente lo vidi appartarsi. Un uomo della sua scorta gli porse un telefono. Poi il presidente tornò in sala e disse qualcosa. Partì un applauso. Mi fiondai da lui, scoprendo che Saddam gli aveva appena comunicato la liberazione di un gruppo di ostaggi italiani. Mi misi in contato immediatamente con la Rai e tutti i tg aprirono con la mia notizia. Ma...».

Ma?

«L'allora ministro degli Esteri, Gianni De Michelis, sentendosi bypassato da Andreotti cercò di screditare la notizia, aiutato in questo dal ripensamento di Saddam che nel frattempo aveva deciso di ritardare di qualche giorno la liberazione dei nostri connazionali».

De Michelis si scagliò contro di lei?

«Durante un dibattito all'università cercò in ogni modo di smentire il mio scoop. Ma dal fondo dell'aula magna uno studente tirò fuori un cartello con scritto Gard sei un mito!».

Gard, giornalista «da marciapiede».

«Nel 1997 intervistai Giovanni Paolo II in esclusiva e senza un accordo preventivo».

Nessun problema neanche per avvicinare l'inavvicinabile Sofia Loren

«La aggancia alla Mostra del Cinema di Venezia. Fu gentilissima e mi fece non poche confidenze».

Altri colpi da maestro (ma qui l'arte non c'entra): Saragat, Pertini, Cossiga...

«Grandi personaggi. Ma sa qual è quello con più carisma fra tutti i politici che ho conosciuto?».

No.

«Berlusconi. Dotato, fra l'altro, di una simpatia magnetica».

Che ricordi ha dello storico Verona «scudettato»?

«Meraviglioso. Anch'io vivevo di luce riflessa. La città impazziva per Bagnoli e i suoi eroi gialloblù. Ma la gente chiedeva gli autografi anche a me. Ero riconosciuto ovunque, perfino a Hong Kong».

A Hong Kong?

«Dovevo andare in Cambogia. Feci scalo a Hong Kong e nell'aeroporto vidi da lontano un signore, elegantissimo che si sbracciava. Si avvicinò, era un italiano. Mi urlò: Ferruccio Gard non dimenticherò mai la sua battuta sulla Juve».

Ma quale, quella su Platinì?

«No un'altra».

Prego, ce la dica.

«Il Verona aveva battuto in casa la Juve. E io celiai: Oggi i bianconeri sono usciti dal Bentegodi più neri che bianchi».

Fu grazie a queste boutade che anche la banda della Gialappa's si accorse di lei.

«Posso dire, senza tema di smentita, che le mie battute a fine servizio ispirarono il loro celebre Mai dire gol. Un programma che ha meritatamente riscosso un successo straordinario. I «ragazzacci» della Gialappa's, con me sono sempre stati corretti e gentili».

Obiettivo comune: dissacrare la seriosità del mondo del calcio.

«E il sottoscritto ha sicuramente dato un contributo alla causa».

Lei fu il primo a inaugurare la moda dei collegamenti con i tifosi «scalmanati» alle spalle.

«Anche Gigi Necco lo faceva. Solo che i tifosi napoletani erano molto più vivaci tanto che Necco era costretto a parlare all'interno di una gabbia. I tifosi veronesi erano invece decisamente più tranquilli».

Beh, «tranquilli» mica tanto.. Nella storia degli ultras del Bentegodi non mancano brutti episodi.

«Le pecore nere sono ovunque. L'importante è saperle isolare e non confonderle con la maggioranza fatta di tifosi appassionati e civili».

Celebre il derby Napoli-Verona a colpi di cori e striscioni, alcuni divertenti. Altri decisamente sgradevoli.

«Forse i napoletani, con il loro impareggiabile Giulietta è 'na zoccola, il derby dell'ironia lo hanno vinto».

Ferruccio Gard: giornalista e pittore. Ma anche scrittore (lungimirante e visionario).

«Il primo romanzo risale a qualche decennio fa. Si intitola Acqua gialla a Venezia. E già allora avevo previsto lo scandalo del Mose».

La scrittura non le interessa più?

«Al contrario. Durante la pausa del lockdown ho scritto in thriller con un serial killer che a Venezia farà scorrere parecchio sangue».

Torniamo al suo primo amore, il calcio. Pirlo alla Juventus sarà un flop?

«Escludo che avvenga una pirlata».

Antonio Conte, il focoso mister dell'Inter, quale artista le fa venire in mente?

«Emilio Vedova. Con le sue turbolenze che però si sovrappongono alla trama meditativa».

Sveliamo un segreto: per quale squadra tifa?

«Verona e Chievo. Ma ho anche il Toro nel cuore. La strage di Superga mi è rimasta dentro».

E, alla parola «Superga», sul volto di Gard cala un'ombra di tristezza. Ma, alle sue spalle, risplende un suo quadro. È pieno di colori.

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