«Sottovoce». Ma forse sarebbe meglio...muti

«Gruppi di ascolto» notturni per il programma di Marzullo, diventato un classico della tv trash

«Sottovoce». Sì, ma non tanto per evitare di ascoltare. E ridere di gusto. A notte inoltratissima il programma Rai di Marzullo è diventato un appuntamento imperdibile per chi non vuole rinunciare ad andare a letto col sorriso sulle labbra e la letizia nel cuore. Lo confesso: faccio parte di un piccolo «gruppo di ascolto» che attorno alle «interviste» di Gigi si scambia frenetici messaggini dall'intenso pentagramma emozionale: nel giro di pochi secondi si può passare infatti dallo sgomento all'esaltazione, dalla depressione all'euforia. Il privilegio della videoelargizione di stati d'animo tanto diversi è instillato, con comprensibile parsimonia, dalle domande di Marzullo e nelle risposte dei suoi ospiti, tutti accomunati dalla singolare coincidenza di avere il medesimo cognome: «Carneade». Già, perché «Gigi il bullo» sceglie le sue prede con grande perfidia: più sono senza né arte né parte, e più lui li convoca in studio; li blandisce; li spedisce in sala trucco, li fa sentire dei vip. Poi, una volta accese le telecamere, parte con i quesiti esistenziali che gli hanno - giustamente - fatto guadagnare fama, successo e soldi. Una grandeur televisiva costruita - domanda dopo domanda (e senza neanche tanta fatica, visto che la sua preferita è: «Si faccia una domanda e si dia una risposta...») - sulle spalle di anonimi «personaggi» cui «Gigi il bello» regala una mezzoretta di buia (vista l'ora del programma) celebrità. Ieri notte, ad esempio, ha intervistato una signorina quasi trentenne che, con orgoglio, è riuscita a dire: «No, non mi sono ancora diplomata...ma credo che lo studio sia fondamentale!». Pathos allo stato puro, che Marzullo distilla da navigato alchimista, ottenendo un elisir più corroborante dell'Amaro medicinale Giuliani.
Qualche tempo fa fu la volta di una giovane e sconosciuta (ma raccomandatissima) giornalista televisiva che, muovendo il ciuffo biondo, impartì urbi et orbi (in certi casi essere «orbi» non è un male...

) una memorabile lezione sull'«etica dei mass media». La sua frase - «Io sono nata per fare informazione...» - rimarrà celebre. Qualcuno giura che sia già entrata nella storia delle breaking news. È la stampa, bellezza e tu (purtroppo) non puoi fermarla.

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