"Al gran ballo della Leopolda il rock non può partecipare"

Dopo cinque anni l'artista torna con un disco molto diretto. E non fa sconti "Io sono antitetico a qualsiasi partito. Grillo? Il suo vero sogno è suonare blues"

"Al gran ballo della Leopolda il rock non può partecipare"

La voce, poi, è sempre quella. Graffiante anche se, come ricorda lui, all'inizio della carriera la definirono «sgraziata e sgradevole». In compenso Edoardo Bennato è ancora più arrabbiato. A modo suo ovvio. E anche grazie a Pronti a salpare , un disco marcatamente rock (prodotto molto bene in analogico da Orazio “Brando” Grillo) stavolta non fa sconti a nessuno, destra sinistra centro, Stato e Antistato, i due Matteo e compagnia bella, mescolando invettiva e Rossini (ne La calunnia è un venticello c'è un frammento del Barbiere di Siviglia ) perché lui dopotutto rimane «uno squilibrato, un provocatore», come canta in Niente da spartire . Insomma, un gran disco senza prender fiato. Niente male per un rockettaro di 69 anni che nel 1980 è stato il primo italiano a riempire uno stadio (ricordate San Siro?).

Scusi, Edoardo Bennato, ma come le vengono queste canzoni?

«Non decido io, è la realtà che mi viene incontro ogni giorno, una notizia dietro l'altra, siamo investiti dalle news. Sono loro che mi danno la scintilla».

Un'attitudine anglosassone. Però lei canta sempre in italiano.

«Eh già, le nuove generazioni cantano in inglese, persino mia figlia che ha dieci anni mi ha detto di aver scritto una canzone in inglese. Ogni giorno sparisce una parola della nostra lingua, tra poco farà la fine del greco e del latino e nessuno la parlerà più».

Nel disco c'è Al gran ballo della Leopolda , evidentemente riferimento a Renzi. Nel testo viene anche citato Pippo.

«Che è Civati».

Testo sarcastico.

«Nessuno dei due Matteo (Renzi e Salvini - ndr ) risolverà i problemi dell'Italia».

Li riassuma.

«Il più grave è la sperequazione tra il Nord e il Sud, tra Trento e Caserta. Un dislivello che sembra senza soluzione».

Lei sembra sempre più vicino a Beppe Grillo.

«Ci sentiamo spesso, ero con lui anche il primo gennaio di qualche anno fa. Lui fa quello che fa, è rimasto coinvolto in questa crociata ma il suo vero obiettivo è suonare blues... Però quello che dice è ineccepibile: la colpa non è dei politici ma di chi li elegge».

Quindi lei sta dalla parte dei grillini.

«No, sin da quando ho iniziato questo lavoro, se si può chiamare lavoro..., ho sempre detto che il rock è antitetico a qualsiasi bandiera e a qualsiasi partito. Per farmi conoscere io partecipavo anche ai Festival dell'Unità o di Lotta Continua, ma era una scelta opportunistica, lo ammetto».

Insomma lei è sempre pronto a salpare, come dice il titolo del disco.

«È un brano dedicato non soltanto agli immigrati che scappano da guerre ed epidemie ma anche ai cosiddetti benpensanti. In questo disco ci sono brani come È una macchina e, appunto, Pronti a salpare che mi piacerebbe far ascoltare a De André».

Il rock va bene, ma ci sono anche riferimenti a Puccini e persino all'operetta come in Non è bello ciò che è bello.

«L'ho scritto tanti anni fa, diciamo il 1996, per Luciano Pavarotti, eravamo vicini di casa. Mi disse: “Mi fanno sempre cantare canzoni tristi, ne voglio una allegra”. E io composi questa e so che lui la provò anche. Però non gliela fecero incidere su disco, forse sono stati quelli della sua casa discografica, a decidere. Oppure sua moglie Nicoletta, non saprei dire».

La calunnia è un venticello diventerà uno dei suoi testi più importanti.

«La calunnia può distruggere e non è un caso che io dedichi questa canzone a Mia Martini e a Enzo Tortora. Su di lei sono bastati pochi pettegolezzi per portarla sul baratro. E, quando Tortora è stato arrestato, io non ci potevo credere, ero sconcertato non solo per la sua vicenda umana ma anche per un altro motivo».

Quale?

«Era la conferma che l'Antistato è talvolta persino più potente dello Stato stesso. E non mi pare la situazione sia cambiata molto».

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