Addio cavalli e frecce, nel Far West del Duemila, banditi e avventurieri usano mitra e cellulari

Addio Cheyenne, Sioux e compagnia sbraitante, quella di Bacurau di Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles è pur sempre frontiera e guerra ma non si scoccano frecce

Addio cavalli e frecce, nel Far West del Duemila, banditi e avventurieri usano mitra e cellulari

Il Far West del terzo millennio è una regione sperduta del Nord-Est brasililiano. Bacurau è il nome di un villaggio, dimenticato dagli uomini ma frequentato da Lunga, fuorilegge ricercato al quale tutti danno una caccia sfrenata per la taglia che pesa sulla sua testa. Il paesino, vestigia di un passato senza storia né futuro, celebra il funerale della matriarca Carmelita, quando “arrivano i nostri”, un manipolo di litigiosi gringos che, come i banditi, usano motociclette e cellulari al posto dei cavalli e delle urla di richiamo. Insomma, addio cheyenne, sioux e compagnia sbraitante, quella di Bacurau di Kleber Mendonça Filho e Juliano Dornelles è pur sempre frontiera e guerra ma non si scoccano frecce. Piuttosto armi selezionate. Mitragliatrici, rivoltelle, silenziatori. La morte corre sul filo e l’unico a fare affari è l’impresario di pompe funebri. Almeno finché i killer nordamericani, caduti nella trappola del bandito, allertato da un ex compagno di scorribande, tende l’agguato finale.

Il film sudamericano ravviva una notte fosca e mette in scena gli stereotipi della nostra società. I cacciatori di taglie, travestiti dai buoni si rivelano più cattivi dei peggiori cattivi e Lunga, il fuorilegge spasmodicamente inseguito diventa un salvatore della “patria”, senza terra né avvenire. Una parabola western che cancella saloon e assalti alla diligenza per rimpiazzarli con la crociata, solo apparentemente benefica, di chi tenta di sgominare il bandito di turno. Anche questo è un segno dei tempi che corrono. Nulla è come appare e tutto sembra intriso di equivoche falsità. Una Sonia Braga sfiorita con gli anni ma non nella recitazione completa un buon film che ha il merito di alleggerire i toni ponderosi in arrivo.

Stasera si apre la passerella agli ottiagenari mostri sacri della quarta età e sulla Croisette passa Ken Loach (82 anni). Poi toccherà al discusso Alain Delon (84), Marco Bellocchio (79), Sylvester Stallone (72). Volti che hanno fatto la storia del cinema recente e tornano in pista sui sentieri a loro cari. Sorry we missed you del regista britannico è la presa d’atto di una scoietà in cui i giovani non ce la fanno più ad andare avanti in una Gran Bretagna che tra Brexit e Ue non riesce a divincolarsi in modo credibile.

Ieri un assaggio di problemi legati alla multirazzialità e alla difficile convivenza tra francesi veri e figli di immigrati è uscito nitidamente da Les miserables di Ladj Ly, regista nero che dipinge le violente banlieue di oggi dove i poliziotti non riescono a tenere a bada i giovani tra spaccio, prostituzione e fratelli musulmani che sembrano coprire furti e furtarelli. Tra questi la sparizione di un cucciolo di leone dal circo che innesca una ricerca destinata a trasformarsi presto in una guerra senza quartiere.

Il film si riallaccia a L’odio di Mathieu Kassovitz, da allora sono trascorsi 24 anni che paiono un baleno e i nuovi miserabili hanno gli stessi colori di un quarto di secolo prima. Sempre un terzetto al centro della vicenda ma stavolta sono poliziotti e l’esito non è molto diverso. Una lotta senza quartiere che, a differenza di allora, si gioca anche dall’alto.

I droni, che un tempo non esistevano, oggi sono il giocattolo di piccoli criminali neri e la caccia a una carta elettronica con il filmato delle colpe diventa l’oggetto che scatena il conflitto. Un dramma della società interpretato nella citazione finale, tratta direttamente da Victor Hugo. “Non esistono cattivi alberi e nemmeno malvagi uomini ma soltanto pessimi coltivatori”.

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