Con "Alien: Covenant" arriva al cinema il sequel di "Prometheus" del 2012, ma soprattutto il secondo prequel del film che nel 1979 rivelò al mondo il talento di Ridley Scott, "Alien".
Sono trascorsi dieci anni dai fatti descritti in "Prometheus". L'astronave Covenant trasporta 2.000 coloni, più un certo numero di embrioni, in direzione di un pianeta dalle caratteristiche idonee alla colonizzazione da parte degli umani. I membri dell'equipaggio, risvegliati anzitempo dal sonno criogenico e costretti a rivedere i piani di navigazione a seguito di una tempesta magnetica, intercettano una misteriosa interferenza audio da un pianeta molto vicino, mai individuato in precedenza, ma che sembra potenzialmente abitabile. Ad attenderli, sulla sua superficie, ci saranno i resti di una nave aliena e alcune sgradite sorprese.
La struttura originale della saga è mantenuta nel miscuglio di fantascienza e terrore così come nella lenta carneficina dei personaggi da parte di creature aliene, ma il fascino del primo "Alien" è lontano anni luce e Scott, ancora alla regia, non è più quello degli esordi. Il film ha senz'altro nella ricercatezza visiva il fiore all'occhiello ma scenografia e fotografia di grande impatto non possono supplire alle evidenti carenze in termini di sceneggiatura. A minare uno script già fragile sono una serie di leggerezze e illogicità oltre che la presenza di un diluvio di deja-vù che, se da un lato creano una sensazione di familiarità, dall'altro danno l'impressione che l'opera si trascini stancamente.
Siamo, in sostanza, in un survival horror in cui il sangue scorre a fiumi e si vedono continuamente corpi lacerati. Ai momenti splatter, fatti di squartamenti e decapitazioni, vengono alternate scene con dialoghi di una qualche ambizione intellettuale, dissertazioni di natura etico-filosofica e riferimenti culturali di una certa solennità.
Il potere, la fede, l'intelligenza artificiale che si interroga sul libero arbitrio, l'origine dell'uomo, la ribellione al proprio creatore, sono alcuni dei temi che ricorrono ridondanti durante il girato. L'aura pretenziosa però non giova alla messa in scena che in alcuni punti sfiora il ridicolo, soprattutto quando a riempire lo schermo è il doppio Michael Fassbender, ovvero l'ambiguità della natura androide nelle due versioni dei personaggi di Walter e David, entrambi interpretati dall'attore. Nulla da dire sulla prova recitativa del divo, ma adottare toni shakespeariani in un contesto drammaturgico debole ha l'effetto di generare un'atmosfera imbarazzante anziché inquietante.
Alla fine, le fughe nei classici corridoi metallici dell'astronave, le spore aliene che entrano nel corpo delle vittime per via aerea, la pioggia di parassiti che cade come un'apocalisse biblica e tutte quelle scene in cui "Alien: Covenant" si rivela per essere un b-movie con un budget da blockbuster, sono quelle che funzionano meglio. Del resto, si ha la sensazione che gli effetti speciali, la maestosità del design scenografico, le strizzate d'occhio a "Blade Runner" e perfino una scena di nudo nella doccia in stile cinema anni 80, cerchino inutilmente di distogliere l'attenzione dello spettatore dall'inconsistenza e prevedibilità della trama.
In definitiva, "Alien: Covenant" non annoia e intrattiene regalando suggestioni visive e qualche spunto di comicità involontaria, il che può bastare per una serata al cinema in compagnia di popcorn e amici ma, di sicuro, non a consolare gli amanti delusi della settima arte.
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