Annullamenti e rinvii. Il Coronavirus spegne la musica. E fa danni milionari

Da Santana a Brunori Sas, Vibrazioni Venditti e De Gregori, oltre settemila eventi sono stati spostati o cancellati. L'Italia è la «zona rossa» del pop

Annullamenti e rinvii. Il Coronavirus spegne la musica. E fa danni milionari

La musica è rimasta in silenzio. Oltre al quotidiano e drammatico bollettino di contagi, il coronavirus provoca ogni giorno la cancellazione o il rinvio di concerti, eventi e pubblicazioni di dischi. Non è un problema vitale, si dirà, dei concerti si può fare a meno. Ma è un danno enorme a un settore già in crisi che dà lavoro a migliaia di famiglie. La lista di tour annullati o rinviati è lunghissima, e non riguarda soltanto artisti di casa nostra. Carlos Santana, per esempio, ha annullato il concerto di Bologna del 14 marzo e anche Avril Lavigne non sarà a Milano il 15 e il 16.

Per quanto riguarda gli italiani, l'elenco è lunghissimo perché, specialmente dopo il Festival di Sanremo, sono decine i cantanti che avevano in programma date oppure eventi promozionali. Tutti rinviati, spesso a data da destinarsi. Francesco De Gregori ha annullato il tour americano e rinviato ad aprile/maggio le date italiane, i Pinguini Tattici Nucleari torneranno sul palco a ottobre, la Pfm a maggio, i Modà in autunno, i Subsonica ad aprile/maggio, Anastasio a ottobre, Raf e Tozzi a maggio, Le Vibrazioni con Peppe Vessicchio ad aprile, Gigi D'Alessio a maggio/giugno, Aiello e Gabry Ponte annullati, Junior Cally da aprile passa a ottobre. I Negrita si sono fermati e anche Brunori Sas ha posticipato le date di Bologna, Torino, Milano e Jesolo ad aprile.

In sostanza è un calendario in continua evoluzione e non promette risvolti positivi nei prossimi mesi, anche perché, specialmente nel caso di tournèe internazionali, la programmazione è fatta con anticipo notevole e, al momento, incompatibile con l'evoluzione della situazione sanitaria. Secondo le stime dell'Agis (Associazione generale italiana dello spettacolo) che si basano su dati Siae, entro la fine di febbraio sono stati cancellati 7400 spettacoli sul territorio italiano. E il dato è in continua evoluzione. Per Assomusica, che è l'associazione degli organizzatori e produttori di spettacoli dal vivo, la perdita nel settore musicale ammonta già a circa 10 milioni di euro mentre la ricaduta sulle città che avrebbero dovuto ospitare gli eventi cancellati arriva a circa 20 milioni di euro. Nel complesso, a inizio marzo il danno era già di oltre 30 milioni di euro. Una cifra destinata a crescere in modo esponenziale.

Clemente Zard, managing director di Vivo Concerti, conferma che «è un momento molto particolare nel mercato dei live, stiamo ottemperando alle disposizioni governative ma ovviamente fare una previsione non è così semplice. E questo non vale solo per noi organizzatori ma per tutte le categorie di fornitori e partner con cui lavoriamo: produzione, catering, tecnici e maestranze». Il panorama è quello di un settore al momento paralizzato che comprensibilmente non riesce ancora a riprogrammare con esattezza il prossimo calendario. Incertezza pura. Oltretutto, come riportano i dati, non si è soltanto fermata la vendita dei biglietti per eventi in queste settimane, ma risulta ferma anche quella per i concerti autunnali.

In sostanza, il 2020 rischia di essere l'anno zero della musica dal vivo che, tra l'altro, è il principale motore economico del settore. Una volta era la vendita dei dischi a sostenere il mercato.

Da qualche tempo quel ruolo è stato preso dai concerti, che però ora sono bloccati fino al 3 aprile e comunque in dubbio anche nelle settimane successive. È una situazione inedita che sta trasformando l'Italia nella «zona rossa» del pop internazionale. Un danno che purtroppo sarà difficile annullare in tempi brevi.

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