Arriva “L’indice della paura”, nuova miniserie Sky con Josh Hartnett

Un thriller-drama ambientato nel mondo finanziario che, nonostante la premessa intrigante, una spiccata componente action e suggestioni fantascientifiche, si trascina un po’ e perde fascino in itinere.

Arriva “L’indice della paura”, nuova miniserie Sky con Josh Hartnett

L’indice della paura è la nuova miniserie disponibile da oggi su Sky e in streaming su NOW che ha come protagonista Josh Hartnett e nasce dall’omonimo visionario bestseller del 2011 di Robert Harris.

Si tratta di un financial thriller ambientato nel cuore pulsante del distretto finanziario di Ginevra ed incentrato su un genio informatico, nonché ex scienziato del CERN, Alex Hoffman (Hartnett). L’uomo ha messo a punto una sofisticata intelligenza artificiale, vale a dire un algoritmo in grado di sfruttare la paura dei mercati e di far guadagnare enormi quantità di denaro in tempi rapidissimi.

Prima della presentazione della sua creazione agli investitori, però, Alex trascorre la notte peggiore della sua vita, subendo un’intrusione nella sua tenuta sul lago di Ginevra da parte di un individuo in possesso dei codici di sicurezza. Sarà solo il primo di una serie di eventi inspiegabili, a causa dei quali Alex si scopre paranoide e inizia a mettere in discussione tutto ciò che vede. A fargli perdere credibilità presso i colleghi e la moglie, c’è l’emergere di informazioni circa un suo passato esaurimento nervoso. Mentre tutti credono che stia impazzendo, lui si convince invece che qualcuno abbia accesso a ogni ambito della sua vita, ivi compresi i conti bancari, e stia provando a incastrarlo.

La coniuge artista, il socio in affari e un detective preposto al caso sono i personaggi che vediamo ruotare attorno al malcapitato nelle tremende 24 ore che dovrà affrontare.

Vixal, la tecnologia inventata da Hoffman, sfrutta il fatto che la paura abbia da sempre un impatto sull’economia globale: il titolo della serie fa infatti riferimento all'indice di volatilità, ossia a una misura dell'incertezza del mercato. Chiunque riesca a dominarlo ha in mano la più potente arma finanziaria del mondo. Quando Vixal, superando ogni aspettativa, arriva ad intuire in anticipo l’accadere di un disastro, diventa uno strumento di speculazione senza precedenti, il sogno di ogni manipolatore economico, a patto che sia dotato di cieca avidità e assenza di scrupoli morali. Qualcuno del genere si trova sempre quando in ballo c’è il dio denaro e non tarda a manifestarsi anche in questa miniserie in quattro episodi di circa un’ora ciascuno.

“L’indice della paura” in realtà strizza l’occhio a tutto un filone di fantascienza, ma non è il caso di dire di più: lo spoiler è dietro l’angolo. Basti sapere che al centro della trama c’è il delirio di onnipotenza generato dal fatto che si è riusciti a tramutare il rischio speculativo in certezza scientifica di guadagno e ricordare come l’eccessiva concentrazione di potere sia sempre una minaccia.

Il rischio di cortocircuiti mentali ed economici che derivano dalla possibilità di dominare fondi speculativi da miliardi di dollari è un argomento affascinante, ma “L’indice della paura” si accontenta presto di cadere nei cliché di genere.

Per essere una gara contro il tempo, quella in cui il protagonista deve arginare le conseguenze di qualcosa che lui stesso ha messo in piedi, la narrazione non ha certo un ritmo sincopato e non bastano esplosioni e inseguimenti a vivificare il racconto, anzi, la componente action appare stantia.

“L’indice della paura” perde presto il fascino iniziale. Seppur teso e dalla complessità adrenalinica, sceglie di adagiarsi sul fascino luciferino della ricchezza e sui pericoli delle scoperte tecnologiche. Restano superficiali i riferimenti alla solitudine del genio e inesplorato il legame tra mercato finanziario e psicologia delle masse.

“A me bastano la famiglia, la salute e un bicchiere di vino con gli amici per essere felice, mi fanno pena quelli che non riescono ad accontentarsi e si rovinano la vita cercando cose impossibili”. Se una frase tutto sommato banale come questa, arriva ad un certo punto a spiccare come la riflessione cardine della serie, è solo perché abbevera in un deserto di dialoghi scritti col pilota automatico.

Forse la gestazione di questo adattamento è stata troppo lunga ma viene da pensare che l’ipotesi produttiva di dieci anni fa, quella di creare un lungometraggio, fosse la migliore.

Infine, vedere Josh Hartnett tornare sullo schermo dopo un lungo autoesilio, fa un certo effetto: dà l’idea di quanto tempo sia trascorso da

“Pearl Harbour”, “Black Hawk Down” e “Le vergini suicide”, film che sembravano doverlo lanciare nell’olimpo delle star.

Per la sua carriera come per “L’indice della paura”, le fulgide premesse sono state disattese in itinere.

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