"Attraverso i miei suoni racconto l'arte della vita"

Il violoncellista cinese Yo-Yo Ma, vincitore di 18 Grammy, compie 60 anni e li festeggia con un disco

"Attraverso i miei suoni racconto l'arte della vita"

Yo-Yo Ma compie sessant'anni, anni scanditi da successi impressionanti per un violoncellista di musica classica che ha inciso più di 90 album (raccolti l'anno scorso in un megacofanetto dalla Sony) conquistando ben 18 Grammy. Spazia e vola fra i generi Yo-Yo Ma, che pochi giorni fa ha eseguito Bach qui in Italia e nel 2013 ha vinto un Grammy con un disco folk (alla sua maniera, beninteso) come The Goat Sessions. L'artista studia la musica popolare di mezzo mondo e ha fondato un'associazione noprofit che combina arte, cultura e affari. Insomma è un uomo attivo nella musica e nel sociale, e non fa mai una cosa senza una ragione. Così, insieme alla pianista Kathryn Stott, festeggia il compleanno con Songs From the Arc of Life che, spaziando da Sibelius a Brahms, da Dvorak a Debussy, da Gershwin a Sollima (con cui Yo-Yo Ma collabora spesso e volentieri) fino alle due Ave Maria di Bach/Gounod e di Schubert, ricorda i momenti più importanti della sua vita.

Il disco è un ritorno alle radici?

«Più che altro è un mettere dei punti fermi nella mia vita, ricordare e celebrare il passato. Ho scelto la musica che ha segnato dei momenti importanti nella mia vita cercando di costruire la mia biografia in suoni».

Come mai questa idea?

«A sessant'anni non sei vecchio ma neanche giovane. Sessanta in certe culture è un numero magico, io personalmente oggi mi sento molto bene sia fisicamente che a livello interiore. Voglio quindi ricordare, attraverso alcuni brani significativi, le storie che ho passato: ho perso e incontrato amici, ho coltivato amicizie e amori, ho avuto momenti di gioia e di disperazione. Soprattutto ho sempre avuto tanta speranza nel futuro; per questo ho inserito nel disco due Ave Maria che per me sono il simbolo della vita e della speranza dopo la morte. Questa insomma è la colonna sonora della mia vita».

C'è anche Gershwin.

«Certo. Il suo Preludio n.1 è un capolavoro. La sua opera vola tra cultura e leggerezza, tra genio e follia. È un genio».

La sua compagna d'avventura è la pianista Kathryn Stott.

«Un'artista con cui mi trovo a occhi chiusi. Tra l'altro lei mi ha presentato Giovanni Sollima, di cui eseguiamo il tema del Bell'Antonio, e anche con lui ho trovato una magnifica intesa».

Lei collabora con Riccardo Muti e con la Chicago Symphony Orchestra anche in progetti non strettamente musicali.

«La musica è cultura e la cultura muove le società più avanzate. Riccardo Muti lavora molto sui giovani e propone eventi e concerti che hanno un forte impatto sociale. Sa coinvolgere la gente e lavoriamo bene insieme. Spero quest'inverno di tornare in Italia e suonare con la “sua” Orchestra Cherubini, un eccezionale orchestra di ragazzi».

Lei è anche a capo di un'associazione no profit, la Silkroad, che esprime anche, a livello musicale il Silk Road Ensemble...

«È un'associazione no profit che promuove musica e cultura. Io mi illudo che la buona musica possa influenzare la politica e l'economia. Penso sempre, come Muti, cosa possa fare la musica per la società».

Lei ha suonato anche con artisti vicini al jazz e al pop come Bobby McFerrin e James Taylor, che approccio ha con questi stili musicali?

«Ci sono troppe divisioni nel mondo, e non aiuta costruire muri anche tra i vari generi. Mi piace lavorare con artisti diversi come McFerrin, che è un personaggio molto spirituale e mi ha aperto le porte al mondo dell'improvvisazione. Taylor invece è un artista che lavora molto duro ed è molto impegnato nel sociale, attento alle esigenze della gente e del pubblico».

Come si definisce?

«Un uomo che racconta la vita attraverso i suoni, perché la forma d'arte più difficile è proprio la vita».

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