"Avengers: Endgame", in anteprima la recensione no spoiler

Il gran finale di una saga che, solo al botteghino, ha fruttato 19 miliardi di dollari è all'altezza delle aspettative dei fan: epico, drammatico, profondo e anche divertente.

"Avengers: Endgame", in anteprima la recensione no spoiler

La conclusione della cosiddetta saga dell'Infinito, una serie di ventidue film che negli ultimi undici anni ha condotto i cinecomic a numeri record al box-office, è arrivata. "Avengers: Endgame" è uno spettacolare trionfo di emozioni, pronto a generare struggimento ma soprattutto a entusiasmare i fan dei Vendicatori.

In scena non va soltanto lo scontro definitivo tra Bene e Male ma, per quanto paradossale parlando di supereroi, viene anche consacrato l'eroismo della fragilità.

L'incipit è ambientato a pochi giorni da quanto avvenuto nell'epocale "Avengers Infinity War", ovvero lo sterminio di metà della popolazione dell'intero universo ad opera di Thanos e del suo schiocco di dita con il guanto dell'infinito. I supereroi stessi sono stati decimati e quando il film, dopo pochi minuti, fa un salto temporale di cinque anni nel futuro, scopriamo che la reazione all'evento apocalittico è stata diversa per ognuno di loro: c'è chi ha messo al mondo un'altra vita, chi è ancora preda della sindrome del sopravvissuto, chi non si rassegna e continua a rimuginare su possibili soluzioni. Quel che è certo è che anche coloro i quali, sulle prime, sembrano non volersi lasciar contagiare dalla speranza, saranno chiamati a fare la propria parte. Il gioco di squadra, nel finale, diventerà una vera staffetta, perché il potere sul destino altrui scotta troppo in mano al singolo ed è affidato ai propri compagni per essere messo al sicuro.

Il dramma è ben sviscerato e palpabile, la tensione costante nonostante i numerosi scorci comici si diano da fare ad alleggerirla. Irresistibile l'ironica trasformazione di un sex symbol divino che ora presta il fianco al body shaming.

Nel multiforme capitolo finale nulla è lasciato al caso e i Fratelli Russo, già registi di "Infinity War", trovano il modo di inserire l'ultimo cameo dell'eterno Stan Lee (inneggiante "fate l'amore non fate la guerra"), celebrare il girl-power (il MeToo ha fatto epoca) e premiare l'orgoglio nero d'America (le tre statuette a "Black Panter" hanno lasciato il segno).
Imperniato su sentimenti forti, "Avengers: Endgame" è tutto quello che si può desiderare da un gran finale: uno spettacolo galvanizzante e narrativamente esaustivo, capace di strappare l'applauso spontaneo a più riprese, così come di far ridere e commuovere a distanza ravvicinata.

A destare una moltitudine di stati d'animo diversi contribuisce moltissimo la colonna sonora, la cui magnificenza è pari alla versatilità.

Non mancano contenuti in grado di suggerire riflessioni edificanti come quella che il lieto fine sia già compiuto nel fare il proprio dovere, oppure che una missione corale e finalizzata al bene comune rechi, oltre ad immancabili sacrifici, anche vantaggi secondari individuali meritati. "Avengers: Endgame" è un film sulle seconde possibilità: di riscattarsi da una sconfitta, di congedarsi da una persona cara, di vivere la vita che non si è avuto modo di vivere, di abdicare al trono del dover essere in favore della propria autenticità.

Non ci sono scene dopo i

titoli di coda, per la prima volta. Ma restare seduti per tutta la durata dei credits serve a lasciar andare per sempre personaggi che sono cresciuti insieme a una generazione di fan e che non verranno di certo dimenticati.

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